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Lorenzo firma l’impresa dell’anno infliggendo al n.1 del mondo la sconfitta più severa in carriera per poi raggiungere la finale nel “500” austriaco, fermato solo da un Rublev in stato di grazia: “Una partita che ricorderò per tutta la vita”. E’ stato il tema della 24esima puntata di "2020 Reloaded" su SuperTennis
di Gianluca Strocchi | 23 dicembre 2020
Rifilare un 62 61 al numero uno del mondo, ma non in uno splendido sogno o giocando a tennis alla Playstation o qualche altro videogame. Già, a volte la realtà può essere anche più bella della fantasia e regalare momenti di autentica estasi.
Quella che ha vissuto Lorenzo Sonego, capace di dominare Novak Djokovic – fino a quel momento aveva vinto 37 partite e ne aveva perse solo due: la finale del Roland Garros contro Rafa Nadal e gli ottavi degli Us Open con Carrreno Busta quando fu squalificato per aver colpito un giudice di linea con una pallina – nei quarti di finale dell’“Erste Bank Open”, torneo ATP 500 di Vienna, a fine ottobre.
Un exploit di quelli che restano impressi negli annali - non a caso è valso all’azzurro il premio “Impresa dell’anno” nei ‘SuperTennis Awards’ e un riconoscimento speciale pure ai ‘Gazzetta Awards – ad impreziosire una settimana da favola, in cui il 25enne torinese ha raggiunto la finale, la prima in questa categoria di eventi del tour. In un anno che passerà alla storia, purtroppo, per le tragiche conseguenze di un virus maledetto, questo risultato è destinato a rimanere tra i momenti più significativi dello sport italiano. E proprio allo splendido valzer del tennista piemontese nella capitale viennese è stata dedicata la ventiquattresima puntata di “2020 Reloaded” su SuperTennis.
E dire che Sonego a Vienna era stato eliminato nel turno decisivo delle qualificazioni dallo sloveno Aljaz Bedene, poi però il forfait dell’argentino Diego Schwartzman gli ha consentito di essere ripescato in tabellone principale come lucky loser. Un piccolo colpo di fortuna, che l’allievo di coach “Gipo” Arbino (suo allenatore fin da quando era ragazzino) ha avuto il merito di sfruttare al meglio: all’esordio ha sconfitto in due set il serbo Dusan Lajovic, in quel momento n.26 del ranking, e si è ripetuto ai danni del polacco Hubert Hurkacz, n.31 ATP, regalandosi la possibilità di sfidare per la prima volta Novak Djokovic, tornato nella capitale austriaca a 13 anni dall’ultima sua apparizione e dal successo in finale su Stan Wawrinka.
Ma non è uno che si accontenta Lorenzo, che ha preferito la racchetta al pallone (giocava attaccante nelle giovanili del Torino, stessa annata di Aramu e Barreca che con le scarpette bullonate sono arrivati in Serie A), né che si tira indietro. E’ arrivato più tardi di altri, con un percorso diverso, sul grande palcoscenico internazionale e proprio questo gli consente di gustarsi ogni attimo di questa sua avventura, dando sempre e comunque il massimo.
Così contro uno dei dominatori della scena tennistica da oltre un decennio scende in campo senza timori reverenziali (“Gli ho suggerito di non guardare chi c’era dall’altra parte della rete ma di focalizzarsi sul suo gioco”, rivelerà poi Gipo Arbino, un secondo padre per Lorenzo), senza curarsi di quanto sia alto l’ostacolo e soprattutto reggendo a dovere la pressione che inevitabilmente sale nel vedere che il campione che hai di fronte non è in giornata e realizzi che, come d’incanto, il pensiero stupendo nell’angolino della tua mente può davvero materializzarsi.
Ecco, in quegli attimi, il rischio di bloccarsi, di essere preda del fatidico “braccino”, è terribilmente concreto. Ma non è stato così per “Sonny”, che completa la partita perfetta – chi ha giocato a tennis sa che, almeno una volta nella vita, capita la giornata di grazia in cui tutto riesce - lasciando appena tre game a chi siede sul trono del circuito (un’ora e 8 minuti la durata dell’incontro), così da diventare il sesto azzurro nell’Era Open a battere un numero uno del mondo.
Mai nessuno aveva inflitto una lezione così pesante al serbo in un incontro due su tre. “E’ stato semplicemente superiore a me in tutte le fasi del gioco, disputando un grande match e meritando di vincere”, le parole con cui Nole rende merito a Sonego, il terzo italiano a batterlo: prima del torinese c’erano riusciti solo Filippo Volandri (nel 2004 a Umago quando il giocatore di Belgrado aveva 17 anni) e Marco Cecchinato al Roland Garros 2018, quella che era anche l’ultima sconfitta di Djokovic contro un tennista fuori dalla Top 40.
Non c’è che dire, davvero un bello scherzetto di Halloween nei confronti del vincitore di 17 Slam.
"Ho giocato il miglior tennis della mia carriera", le prime parole a caldo di Lorenzo, raggiante sotto la mascherina, mentre lo speaker-dj scandisce il suo nome al ritmo di ‘Seven Nations Army’, quello reso celebre dal "po-po-po-po-po-po-po" dei Mondiali di calcio. Una vittoria che ha fatto proprio il giro del mondo, scatenando l'entusiasmo degli appassionati del Belpaese.
Un capolavoro che il torinese riuscirà a godersi appieno solo dopo qualche tempo, a mente fredda. “Non ho avuto paura quel giorno e sono entrato in campo tranquillo, con il pensiero di potercela fare, e ho cercato di mantenere lo stato di serenità per tutta la partita – ha raccontato Lorenzo in una recente intervista - In generale sono una persona che non ha paura di trovarsi davanti i grandi nomi, certo la partita contro Djokovic non me la dimenticherò per tutta la vita. È stato un giorno stupendo, per me e per l’Italia intera. Un match che mi ha regalato tanta fiducia: vuol dire che tutto quel che ho fatto fino ad oggi è stato fatto bene, è la strada giusta. Curiosità? Mi ricorderò sempre l’intervista in inglese a fine incontro. Mi hanno fatto due domande diverse ma io non capivo nulla, in quel momento la mia mente era altrove e così ho detto due parole, pensando che le domande fossero uguali…”.
Qualcuno pensava che Sonego potesse essere appagato o scarico dopo un exploit del genere? E invece no, perché il ragazzo cuore Toro mette sotto in due set anche il britannico Daniel Evans, n.33 ATP, staccando il biglietto per la seconda finale in carriera dopo quella vinta ad Antalya, sull’erba, nel giugno 2019, quando conquistò il suo primo trofeo ATP dopo aver annullato un match-point al serbo Kecmanovic. Ad impedire al piemontese il percorso netto è però il russo Andrey Rublev (al secondo turno aveva avuto via libera per il ritiro dopo tre game di Jannik Sinner, messo ko da dolorose vesciche al piede), n.8 del ranking mondiale e il giocatore più in forma del momento: sul veloce indoor della Wiener Stadthalle finisce 64 64 per il 23enne di Mosca, a tratti ingiocabile con il suo power tennis, che mette in bacheca il settimo trofeo in nove finali disputate, il quinto stagionale dopo quelli alzati al cielo a Doha, Adelaide, Amburgo e San Pietroburgo. L’allievo di Fernando Vicente arriva a 39 match vinti nel 2020 (eguagliando il record di Djokovic) e con il terzo trionfo consecutivo in un “500” si assicura un posto alle ATP Finals di Londra.
Proprio da Rublev arriva un importante tributo al tennista italiano: “Devo fare le mie congratulazioni a Sonego, ci eravamo affrontati quattro anni fa e la tua crescita è davvero impressionante. Questa volta il risultato è stato dalla mia parte ma sono sicuro che in futuro daremo vita ad altre battaglie in contesti prestigiosi e riuscirai anche a battermi”, l’auspicio del russo, uno dei Next Gen che stanno facendosi largo nel circuito.
Una crescita, quella di Lorenzo, testimoniata dai numeri: grazie al risultato a Vienna il torinese guadagna altre dieci posizioni in classifica arrivando al numero 32, suo nuovo best ranking.
Nuovi stimolanti scenari, insomma, per Lorenzo, che chiude il 2020 al 33° posto.
Già, ne ha fatta di strada quel ragazzo che giocava centravanti in maglia granata. E ora può sognare di arrivare a giocare le ATP Finals, che per cinque anni si svolgeranno nella sua città.
Non c’è niente di strano, ha già sperimentato lui che i sogni possono diventare realtà.
2020 RELOADED - GUARDA LA VENTIQUATTRESIMA PUNTATA: Lorenzo Sonego, valzer viennese
IL TEMA DEL GIORNO
"2020 Reloaded" vi consentirà di ripercorrere con cadenza quotidiana i momenti chiave della stagione appena conclusa,: dalle imprese azzurre ai record di Djokovic e Nadal, dal ritorno di Azarenka alle sfide di Osaka, dall’assenza di Federer alla crescita di Sinner.
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