

A un passo dai top 100 Atp (115 nel ranking live), oggi il mancino di Latina, che ha trovato in Massimo Sartori la nuova guida tecnica, sembra pronto al salto di qualità definitivo. Un passaggio che è frutto della continuità di rendimento trovata nel circuito Challenger
di Lorenzo Andreoli | 26 febbraio 2023
Vittoria a Cherbourg, finale a Rovereto. Nel giro di due settimane, Giulio Zeppieri non ha solo vinto nove partite su dieci, ma ha pure cambiato dimensione. A un passo dai top 100 Atp (115 nel ranking live), oggi il mancino di Latina, che ha trovato in Massimo Sartori la nuova guida tecnica, sembra pronto al salto di qualità definitivo. Un passaggio che è frutto della continuità di rendimento trovata nel circuito Challenger, step obbligato in attesa di sbocciare in maniera definitiva anche nel circuito maggiore, dove pure le soddisfazioni non sono mancate.
Partiamo dunque dalla vittoria del titolo a Cherbourg. Quali sensazioni le ha lasciato?
“Sicuramente è stata una settimana positiva perché ho vinto il torneo. Se non avessi lottato col cuore in tutte le partite non sarei mai andato così avanti, non giocavo dalle qualificazioni agli Australian Open e come si dice in questi casi avevo poco tennis nelle gambe sul quale poter contare. Recentemente ho tolto un dente del giudizio e ho avuto un problema al polso, quindi ero arrivato in Francia davvero con poche aspettative. Dopo la vittoria negli ottavi di finale con Geerts, al tie-break del terzo set, ho telefonato a mio fratello e gli ho detto che avevo delle buone sensazioni per arrivare fino in fondo. Mentalmente sono stato molto solido, sono certo di poter dire che questa sia stata la chiave”.
Tutta la grinta di Giulio Zeppieri (foto Fioriti)
A fine 2022 ha deciso di lasciare l’Enjoy Tennis Center di Roma per trasferirsi a Vicenza, alla Horizon Tennis Home di Massimo Sartori. Perché questa scelta?
“Ci stavo già pensando da diverso tempo. Mi sentivo troppo vicino a casa come realtà e questo mi dava la sensazione di poter sfuggire dal lavoro quotidiano in determinati momenti. Il rapporto con coach Giuseppe Fischetti è ottimo ma la situazione era troppo familiare per me e ho capito di voler fare uno step in più. Allontanarmi dalla comfort zone è stato doloroso ma forse necessario per abbracciare a 360 gradi l’idea del professionismo serio, senza fronzoli o distrazioni. Aveva appena smesso Andreas Seppi e ho chiamato Sartori per fare il punto della situazione".
"Appena arrivato a Vicenza sono stato accolto molto bene e mi sono calato subito nella nuova realtà. Il preparatore fisico, Massimiliano Pinducciu, è quello che mi è stato più vicino. Mi ha ospitato a casa facendomi sentire come un fratello minore. Negli allenamenti mi seguono Max (Sartori, ndr) e Nicola Ceragioli, il suo braccio destro nell’Accademia. Piano piano ci stiamo conoscendo sempre meglio, anche se per rendere le cose ancora più stabili ci vorrà del tempo”.
Facciamo un salto indietro nel tempo, quando nel torneo di Umago dello scorso luglio ha raggiunto le semifinali e tenuto in campo quasi tre ore Carlos Alcaraz. Mentalmente come ne è uscito?
“Ho capito che ho il potenziale per poter giocare ad altissimi livelli, ma che allo stesso tempo c’è bisogno di continuità. L’exploit è bello, certo, ma se resta tale serve davvero a poco. Giocare sempre come quella settimana è quasi impossibile ma è mio dovere non farla diventare una cosa che può accadere soltanto una o due volte in un anno. Anche quando si è meno brillanti è possibile comunque raggiungere determinati risultati e allenarsi in un certo modo per continuare a crescere”.
Nonostante la giovane età, ha già combattuto più volte con diversi problemi fisici. Come si è aiutato per uscire dai momenti psicologicamente più difficili?
“Non sono situazioni facili da gestire. Premetto di essere una persona alla quale piace stare a casa e quando si deve recuperare da un infortunio non c’è cosa peggiore. Alla fine del 2021 mi ero rotto il malleolo e di quel periodo ricordo come fosse quasi impossibile uscire dalle mura domestiche e ricominciare a fare sul serio, anche quando ne avevo la possibilità. Potevo aiutarmi al cento per cento e non l’ho fatto. Bisogna farsi forza, tornare a viaggiare e riprendere la routine. Ultimamente sto tenendo botta e i risultati, per fortuna, si sono visti. A questo livello è la mentalità a fare la differenza”.
La sua grande amicizia con Lorenzo Musetti è nota. Sebbene i numerosi impegni nel circuito vi tengano lontani, riuscite comunque a sentirvi?
“Naturalmente facciamo attività diverse e ci vediamo meno nei tornei rispetto a qualche anno fa, Lorenzo adesso è nei primi 20 del mondo. Questo però non vuol dire non sentirsi, il tempo per scambiare due chiacchiere e confrontarci lo troviamo sempre. Lui sa bene che se mi impegno come devo posso raggiungerlo e fare più cene insieme (ride, ndr). La nazionale? Ora come ora è dura perché per fortuna abbiamo tre giocatori più o meno stabilmente tra i primi 20, ma l’obiettivo di entrare in squadra c’è. Anche solo fare un paio di settimane con loro sarebbe un’esperienza fantastica dal punto di vista formativo”.
Si parla sempre del futuro del tennis dopo l’addio dei ‘Big 3’. In questo senso quale può essere l’apporto della cosiddetta ‘Next Gen’?
“Il tennis è bello proprio perché si evolve di continuo, non penso che rimpiangeremo a lungo i Big 3. Alcaraz, Sinner e anche lo stesso Musetti hanno straordinarie qualità e a modo loro stanno rivoluzionando il gioco. Le partite dei più forti le ho sempre guardate, i segreti da rubare non mancano mai”.
Capitolo programmazione: dove giocherà nelle prossime settimane?
“L’idea è quella di continuare a livello Challenger. Il primo appuntamento sarà quello con il torneo di Pau, in Francia, poi ci sposteremo a Lugano. Dopo Lugano mi fermerò due settimane per prepararmi alla terra battuta in vista del torneo di Sanremo. Naturalmente le cose potrebbero cambiare se dovessero esserci variazioni significative nel ranking, e i nuovi Masters 1000 con tabellone allargato potrebbero essere una ghiotta opportunità. Il nostro obiettivo primario è la top-100, poi si vedrà”.
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