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Campioni nazionali

Il racconto di ‘Pesco’: una vita con due set perfetti

Era il 27 marzo di 26 anni fa: Stefano Pescosolido affrontava in Coppa Davis Sergi Bruguera, due volte campione al Roland Garros. Perse il primo set. Poi per un’ora non fece più toccare la palla all’avversario: una performance che “chi l’ha vista non la scorda più”. L’abbiamo rivissuta con il protagonista

di | 26 marzo 2020

Sergi Bruguera vincitore a Parigi nel 1994 con Alberto Berasategui e il re di Spagna Juan Carlos

Sergi Bruguera vincitore a Parigi nel 1994 con Alberto Berasategui e il re di Spagna Juan Carlos

Due set giocati alla perfezione, mi riusciva tutto: bene al servizio, devastante di dritto e solido con il rovescio. Ero entrato in campo convinto di giocarmela, come già era accaduto in passato, e mi sono ritrovato a dominare per larghi tratti, su terra, il campione del Roland Garros”.

Stefano Pescosolido racconta così il suo match di Coppa Davis contro Sergi Bruguera, sommerso per un’ora dai vincenti di dritto del tennista di Sora. Il 27 marzo 1994 il campione spagnolo riuscì a imporsi 6-4 1-6 0-6 6-2 6-3 dopo una dura battaglia che permise alla Spagna di sconfiggere l’Italia 4-1 sul ‘rosso’ di Madrid.

Oggi, esattamente 26 anni dopo, ‘Pesco’ racconta le sensazioni e le emozioni dell’epoca, rimembrando una carriera ricca di belle vittorie e qualche rammarico. Una carriera di cui a tanti sono rimasti impressi soprattutto quei due set incredibili in cui l’azzurro prese letteralmente a pallate sulla terra battuta il più forte giocatore da terra battuta di allora.

Il più grande rimpianto è certamente da riferirsi a una continuità di rendimento e risultati che non ho mai trovato – spiega ancora Pescosolido -. Ad eccezione dei mostri sacri come Pete Sampras o, più recentemente, Roger Federer, la mia impressione è che potessi giocarmela con tutti”.

Stefano Pescosolido nasce a Sora, comune da 25.000 anime della provincia di Frosinone, il 13 giugno del 1971. Il tennis scorre nelle sue vene sin da subito perché tutti, a casa, sanno maneggiare una racchetta. È Vittorio Magnelli, storico maestro del Tennis Club Parioli, a notare il piccolo ‘Pesco’ durante la Coppa Lambertenghi. Ed è proprio a Roma, nel prestigioso circolo capitolino, che Stefano inizia a fare sul serio. “Successivamente ho lavorato per 5 anni in FIT, in particolar modo sotto l’egida di Tonino Zugarelli, per poi passare a Le Pleiadi di Torino agli ordini di Eduardo Infantino”.

Stefano Pescosolido con la divisa della Nazionale

Pescosolido si dimostra molto competitivo sin da subito, confermandosi il migliore della sua categoria sia tra gli under 16 che tra gli under 18. “A livello internazionale vinsi il Bonfiglio e arrivai sino all’ultimo atto dell’Orange Bowl, sconfitto solamente da Marc Rosset. Sono molto contento di quella che è stata la mia carriera giovanile, che ho sempre vissuto come un continuo momento di crescita; il passaggio al mondo del professionismo infatti non mi pesò affatto e fu molto naturale”.

Nel 1989, ancora minorenne, Pescosolido vince il suo primo titolo challenger sui campi del ‘suo’ Tc Parioli. “Quel torneo arrivò in un periodo incredibile – racconta l’ex davisman laziale -. La settimana precedente mi ero imposto a Frascati in un torneo di B e, subito dopo, superai Caratti, Furlan e Fuchs per conquistare il titolo al Parioli. Pochi giorni dopo, grazie a una wild card, partecipai ai miei primissimi Internazionali d’Italia e fui sconfitto dal top 100 messicano Leonardo Lavalle in due set”.

Il match si disputa su quello che oggi è il campo numero 2 degli Internazionali BNL d’Italia. “Fu un’emozione incredibile, con tutto quel pubblico a fare il tifo per me. Ovviamente la prima volta non si scorda mai ma, posso dirlo con assoluta certezza, ho provato ad ogni partecipazione le stesse indescrivibili sensazioni, dalla prima del 1989 sino all’ultima del 2004. Il Foro, per un italiano e in particolare per un giocatore laziale, va oltre… tutto. E infatti la tensione era sempre alle stelle”. Il periodo d’oro prosegue con la vittoria al Bonfiglio e la sensazione che quel ragazzo dal diritto devastante abbia un grande futuro davanti a sé.

Stefano Pescosolido al servizio con la sua Head Prestige

Il 1991 è l’anno dell’ingresso nei Top 100, che arriva grazie a due titoli challenger consecutivi. Al ‘solito’ Parioli si aggiunge il torneo di Oporto. “Mi sentivo bene, giocavo un gran tennis ed ero consapevole di avere delle ottime basi tecniche per salire ancor di più di livello”. L’esplosione è solo questione di settimane: ottavi a Montreal, semifinale a Los Angeles e Michael Chang battuto in due tornei di fila.

Quella successiva è la stagione agrodolce per eccellenza. “Il 1992 è stato un anno assurdo. È successo veramente di tutto”. Nel torneo di Sydney ‘Pesco’ affronta nelle qualificazioni Johan Anderson. Gli spalti sono vuoti, fatta eccezione per la fidanzata dell’australiano e una sua amica. Sotto 2-3 nel terzo set, Stefano ha un gesto di stizza e lancia in terra la racchetta che, dopo essere rimbalzata, torna verso l’azzurro; con un calcio di collo sinistro, all’apparenza per nulla violento, Pescosolido manda la racchetta a colpire il sopracciglio dell’amica della fidanzata di Anderson. “Un episodio sfortunatissimo di cui mi prendo tutte le responsabilità. Ho subito chiesto scusa e le ho successivamente regalato dei fiori. Ero giovane, avevo vent’anni e un po’ mentalmente ho pagato la vicenda e le successive critiche. Ma non era nulla rispetto a quanto sarebbe poi accaduto in stagione”.

Febbraio è un mese molto positivo: semifinale a Milano, ottavi a Philadelphia perdendo 7-6 4-6 6-4 con un certo Pete Sampras, all’epoca numero 5 al mondo, e soprattutto la vittoria del primo titolo Atp a Scottsdale battendo ottimi tennisti quali l’israeliano Mansdorf, Cristiano Caratti, il russo Chesnokov e uno tosto come lo statunitense Brad Gilbert. “Fu una settimana perfetta, in cui ho sempre avuto delle sensazioni perfette in campo”. A Indian Wells e Miami giungono due sconfitte in lotta, ma Pesco sta giocando bene ed è in fiducia, tanto è vero che viene convocato per la prima volta in Coppa Davis. Si va in Brasile.

“Maceiò è stato un incubo per tanti mesi. Non riuscivo a togliermelo dalla testa e… dalle gambe”. Stefano viene chiamato all’ultimo dal capitano Adriano Panatta e si ritrova catapultato in campo contro Jaime Oncins in un match che si disputa addirittura di lunedì a causa della copiosa pioggia caduta in Brasile. “Furono giorni e ore di attesa infinita. Entrai in campo, persi i primi due set e vinsi il terzo. Ma sentivo che il fisico stava iniziando a non rispondere più. Le condizioni di gioco erano proibitive, tra caldo e umidità. Ricordo che dopo i primi due set avevo già cambiato 10 magliette…”.

Stefano Pescosolido con Goran Ivanisevic

‘Pesco’ esce dal campo e chiede al fisioterapista un trattamento perché percepisce l’arrivo di problemi muscolari, ma non c’è nulla da fare. Stefano è costretto a uscire dal campo (e a ritirarsi) portato in spalla con crampi in tutto il corpo.

“Ancora lo ricordo come un incubo, non riuscivo a muovere un muscolo, mi tirava tutto. Quell’esperienza me la sono portata avanti per tanto tempo e, ogni volta che mi trovato a disputare un match lottato al terzo set, finivo per crollare mentalmente ancor prima che fisicamente. C’è voluto parecchio prima che tornassi me stesso su un campo da tennis. L’unico match che giocai bene in quel periodo fu contro John McEnroe ad Amburgo, che portai a casa in tre set. Fu emozionante affrontare e sconfiggere un tale campione, seppur non nel suo momento di massimo splendore. Credo di vantare, tra l’altro, un record particolare: ho sconfitto in carriera tre coppie di fratelli: John e Patrick McEnroe, Javier ed Emilio Sanchez, Michael e Carl Chang”.

Nel 1993 Pescosolido esce dai Top 100 ed è costretto a ripartire dai challenger. Al Roland Garros si qualifica e raggiunge il terzo turno, dove viene sconfitto 8-6 al quinto set da Karel Novacek, in quel momento numero 14 del mondo. “Giocai un gran bel torneo, anche se ovviamente c’è un po’ di rammarico per la chance mancata. La vera occasione Slam fu però nel 1996 a Wimbledon, quando sprecai un vantaggio di 4-1 al quinto contro Radulescu, che poi arrivò sino ai quarti”. È l’anno del secondo titolo Atp, che giunge a Tel Aviv battendo Muster (“giocai un grandissimo incontro con l’austriaco”) e Mansdorf.

Arriviamo al 1994, eccoci a Madrid. Pescosolido nella prima giornata sconfigge Carlos Costa rimontando da due set a zero sotto. È una rimonta memorabile. La giornata di domenica inizia sul 2-1 per la Spagna, dopo che il doppio azzurro formato da Nargiso e Canè viene sconfitto in 4 set.

“Panatta mi disse: carica il fucile. Entrai in campo contro Bruguera consapevole delle mie qualità e possibilità. Oltre a quei due set perfetti, ebbi occasione sia nel quarto (2-1 sopra) che nel quinto (3-1 sopra), ma Bruguera riuscì ad alzare il livello e a vincere. Fu un peccato, anche perché contro gli spagnoli, che in casa soffrivano molto la Davis, andavo a nozze. Mettevo i piedi dentro al campo e toglievo loro il tempo. Non a caso con Bruguera ho sempre giocato match lottati e in più di una circostanza sono riuscito a vincere. Non voglio essere presuntuoso, ma sono pochi i tennisti con cui ho avuto la sensazione di non potermela giocare. I nomi? Facile: Pete Sampras e Roger Federer. L’impressione, contro questi due fenomeni, era che appena decidevano di fare punto, lo portavano a casa”.

Il 1994 è anche l’anno della gioia più grande seguita dalla delusione maggiormente cocente. Al Foro Italico ‘Pesco’ batte Agassi in tre set ma, il giorno dopo, viene sconfitto in tre set combattuti dall’olandese Jacco Eltingh. “In un certo senso nel giro di due giorni ho vissuto la gioia e il dolore tennistico per eccellenza: la vittoria contro un grande campione nel torneo dei sogni; e la sconfitta, avanti set e break, in un match che stava per darmi l’accesso ai quarti di finale del Foro…”.

Stefano Pescosolido e il suo diritto di grande potenza e precisione

La carriera di Stefano Pescosolido prosegue tra alti e bassi, una mononucleosi che lo blocca per alcuni mesi e un successivo intervento chirurgico che lo tiene a lungo lontano dai campi. Non molla, torna, lotta, sfiora nuovamente la Top 100, ma sono quei quattro anni, dal 1991 al 1994, a delineare la storia di ‘Pesco’, che arriva al best ranking di numero 42 Atp.

L’ultima vittoria in un main draw Slam giunge a Wimbledon nel 2004 con un eloquente 10-8 al quinto set contro l’olandese Dennis Van Scheppingen, “in un match che sarà durato 2-3 giorni a causa della pioggia”. Un incontro spettacolare, sofferto, dalle mille sfaccettature, che rappresenta pienamente la vita tennistica di Stefano Pescosolido”

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