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Campioni internazionali

Da McEnroe a Musetti, a Tsitsipas....Viva il rovescio a una mano!

Quello di “Muserati” è un colpo distintivo e personalissimo dei talenti offensivi. Il marchio dell’individualità, tanto diverso dall’efficacia del colpo a due mani

di | 19 marzo 2021

Il rovescio Stefanos Tsitsipas (foto Getty Images)

Il rovescio Stefanos Tsitsipas (foto Getty Images)

Viva il rovescio a una mano e tutti i suoi interpreti. Gli ultimi Grigor Dimitrov e Lorenzo Musetti li abbiamo visti rilanciare nei quarti di Acapulco grande bellezza di questo gesto classico in netta contrapposizione del più comune rovescio a due mani del tennis moderno. Creatività, brillantezza, varietà contro essenzialità, regolarità, efficacia. Rischio elevato contro rischio contenuto.   

Il rovescio, a due mani, è più facile da insegnare per il maestro del club: non è un colpo naturale come il dritto, bisogna impostare bene il movimento e lasciare che l’allievo impari a cercare la palla e la distanza esatta dal proprio corpo, facendo anche un saltellino, come quel genio di John McEnroe, personalizzando, insomma, il movimento in funzione del proprio io. E’ molto più facile insegnare a tirarlo a due mani, senza tanti svolazzi stilistici, nel nome della praticità. Chi imbraccia la racchetta per la prima volta, da bambino, quando non ha tanta forza trova consolante e gratificante spedire comunque la palla dall’altra parte del net e, alla ricerca di qualsiasi sistema per riuscirci, abbraccia il rovescio a due mani come l’ancora di salvezza. E poi continua così, anche per contrastare il temibile top da terra rossa.

Il rovescio di Lorenzo Musetti (foto Getty Images)

Il rovescio di Grigor Dimitrov (foto Getty Images)

Il rovescio non è un colpo naturale come il dritto, esalta la personalità, diventa la firma dell’artista, la nota di violino che caratterizza una propensione offensiva, come racconta l’evoluzione di Pete Sampras, che è partito come regolarista da fondocampo e, proprio quand’ha staccato una mano dal rovescio, s’è evoluto in un meraviglioso attaccante. Non a caso nei tempi moderni tutti i rovesci a una mano hanno caratterizzato protagonisti di spessore.

Da John McEnroe, che interpretava quel colpo in modo talmente singolare ma anche produttivo da far storcere la bocca a qualsiasi insegnante, a Stefan Edberg, il ballerino del net che ha messo in mostra approccio a rete e volée di rovescio da insegnare in qualsiasi scuola tennis. Da Richard Gasquet che ha basato tutta la carriera su quel magico fulmine da Fantastici 4 del cinema a Roger Federer che ha sublimato il gesto con la bacchetta magica del talento.

Il rovescio mancino di John McEnroe

Il rovescio di Stan Wawrinka

Grazie alle formidabili esplosioni del suo rovescio a una mano Stan Wawrinka è diventato “Stan the man” e Grigor Ximitrov - sì, proprio l’ultima vittima Doc di Musetti ad Acapulco - s’è fatto un nome come “Baby Fed”, imitando il Magnifico, il suo idolo.

E non a caso, fra gli straordinari NextGen i due   più creativi sono Stefanos Tsitsipas - prossimo avversario di “Muserati”, come chiamano negli spogliatoi il talento italiano “made in Carrara” - e Denis Shapovalov, anche loro con un imprevedibile e risolutivo rovescio una mano che li distingue nell’eccellenza.

Un’altra caratteristica del rovescio a una mano e di tutti questi talenti dal gioco prettamente offensivo è la ricerca continua ed estrema della soluzione. Tendenza che porta, quindi, necessariamente, a prendersi forti rischi ma che si identifica anche con parole affascinanti come diversità, singolarità, individualità.

Perché non esiste rovescio a una mano uguale all’altro, sono davvero unici. E sono così ancor più in contrapposizione rispetto alla massa di tennisti che invece effettua questo colpo a due mani. Condannata peraltro da tendiniti latenti e frequenti all’altro polso, quello che dovrebbe essere di supporto e invece diventa guida, proprio per cambiare angolazioni e forza. 

Meditate, gente, meditate!

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