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Caso Peng Shuai, la WTA non cambia idea: "Senza soluzione, non torniamo in Cina"

La WTA ha annunciato di non aver modificato la sua posizione per cui non ci saranno tornei in Cina senza un'indagine indipendente e un colloquio privato con Peng Shuai. Intanto si annunciano proteste all'Australian Open

di | 04 gennaio 2023

La WTA tiene il punto sul caso di Peng Shuai. Senza un'inchiesta indipendente o un colloquio privato con l'ex numero 1 del mondo di doppio, il circuito femminile resterà ancora lontano dalla Cina. E questo a dispetto del ricchissimo contratto con la città di Shenzhen per ospitare per dieci anni le WTA Finals, che in Cina si sono disputate solo per la prima delle edizioni previste, nel 2019, con un montepremi da record.

"Peng Shuai ha fatto un passo importante nel denunciare di essere stata sessualmente aggredita da un ex leader del governo cinese. La nostra posizione resta sempre la stessa, il nostro ritorno in Cina richiederà una soluzione della sua situazione" si legge in un comunicato della WTA.

A novembre del 2021, infatti, Peng Shuai ha denunciato l'ex premier Zhang Gaoli di averla costretta a rapporti sessuali indesiderati in un post sul social network cinese Weibo, rimosso dopo pochi minuti. Di Peng si sono perse le tracce, non solo sul web, per un paio di settimane.

Mentre nel mondo crescevano i timori sulla sua incolumità, la WTA annunciava di cancellare la stagione asiatica: una decisione costata centinaia di milioni di dollari in termini di diritti tv e sponsorizzazioni.

Le successive, timide, apparizioni pubbliche, le due conversazioni rimaste private con il presidente del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, e un'intervista all'Equipe in occasione dell'Olimpiade invernale di Pechino 2022 non hanno cancellato le perplessità sulla sua effettiva libertà di spostamento di espressione. 

"Come faremmo con qualsiasi nostra giocatrice, abbiamo richiesto un incontro privato con Peng Shuai e un'indagine indipendente sulle sue accuse" prosegue il comunicato della WTA che ha ufficializzato il suo calendario 2023 solo fino allo US Open, ovvero per tutta la parte dell'anno precedente alla trasferta in Asia.

"Abbiamo sempre detto che speriamo di poter tornare ad organizzare tornei in Asia, ma non siamo disposti a rinunciare ai nostri principi per questo" conclude la nota della WTA.

"Dov'è Peng Shuai?": proteste in vista all'Australian Open

Il caso di Peng Shuai, che ha successivamente negato di aver lanciato le accuse a Gaoli, sta già accendendo anche la vigilia dell'Australian Open, in programma fra meno di due settimane.

Contrariamente all'anno scorso, non ci sarà il divieto alla vendita delle magliette con lo slogan "Where is Peng Shuai?" ("Dov'è Peng Shuai?") rimasto brevemente in vigore nella scorsa edizione del torneo.

"Sfortunatamente per loro, avranno ancora questi problemi politici per le mani negli anni a venire" ha detto al Guardian l'organizzatore della protesta, Drew Pavlou, criticando anche la scelta dell'Australian Open di mantenere gli sponsor cinesi del torneo. "Faremo in modo che questa contraddizione non sia ignorata, creeremo ancora problemi a Tennis Australia".

La loro protesta certo non è passata inosservata nel 2022. Le magliette con lo slogan pensato per tenere alta l'attenzione sulla vicenda della giocatrice cinese si sono viste in tutti gli Slam. E durante la finale di Wimbledon uno spettatore è stato portato fuori dal Centrale, durante la finale Djokovic-Kyrgios, proprio per aver gridato "Dov'è Peng Shuai?". In Australia potrebbe anche accadere qualcosa di simile. 

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