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Campioni internazionali

Kubler e Hijikata, dal Pacifico con furore

Alla scoperta della coppia australiana con sangue asiatico che ha conquistato a sorpresa il titolo di doppio agli Australian Open.

di | 29 gennaio 2023

Erano già parecchio contenti di aver superato un turno nel main draw, Hijikata e Kubler. Rinky, nato quasi 22 anni fa a Sydney da padre giapponese e madre tongana, col suo ranking di singolare a tre cifre aveva disputato a Melbourne solo il suo secondo major. Dopo una dignitosa comparsata a New York, dove si era segnalato per aver tolto un set a Nadal, era entrato in tabellone grazie ad una wild card e l’aveva onorata, salvandosi in 5 set contro Hanfmann prima di cedere di schianto a Tsitsipas. Jason, ex buona promessa nata 30 anni fa a Brisbane da padre australiano e madre filippina, aveva più semplicemente fatto il suo dovere di top 80, strapazzando Baez e strappando anche un set a Khachanov.

Le sei operazioni al ginocchio che ne avevano limitato la mobilità e ridimensionato le ambizioni, avevano da tempo costretto Kubler a fare i conti con prospettive diverse rispetto a quelle coltivate da ragazzino quando – perso prematuramente il padre – si era gettato anima e cuore sul tennis. Con le articolazioni martoriate l’australiano era stato costretto alle soglie dei 30 anni a dedicarsi sempre di più alla terra battuta e al doppio.

Specialità nella quale l’anno scorso Jason aveva raggiunto due finali ATP, ad Atlanta e San Diego. Le aveva perse entrambe – la prima in coppia con John Peers, l’altra con Luke Saville – ma aveva anche raggiunto (e perso)  la finale di doppio misto agli Australian Open. Iniziata l’annata al 580 gradino del ranking di doppio, Kubler aveva così chiuso il 2022 al numero 152. Nello stesso periodo, Rinky era invece passato dalla posizione 645 a quella 270 della classifica di doppio.

Ma negli ultimi 5 mesi aveva messo insieme appena 3 vittorie e 9 sconfitte (comprese quella contro il filippino Gonzales e l’indonesiano Rungkat nel challenger di Matsuyama e quella contro gli indiani Raja e Sharan a Indianapolis). Insomma, bene ma non benissimo. “Eppure Jason ha accettato di giocare il torneo in doppio con me, il che mi ha garantito una wildcard”, ha raccontato Rinky. Archiviato un dignitoso Happy Slam 2023 in singolare, Hijikata e Kubler si sono lanciati nell’avventura del doppio e - against all odds - l'hanno terminata ieri notte in maniera trionfale.

E dire che sarebbero potuti essere già a casa lunedì scorso, quando sulla Margaret Court Arena si erano ritrovati a fronteggiare un match point contro il bosniaco Brkic e l’ecuatoriano Escobar nel tie-break del secondo set. Erano quasi le 5 del pomeriggio, quando Hijikata aveva servito da sinistra ad uscire sul rovescio di Brkic, dopodiché sulla risposta a campanile del bosniaco aveva chiuso gli occhi e aveva smashato dalla riga di fondo verso l’angolo opposto, trovando il campo per pochi centimetri. Avessero perso, nessuno avrebbe sollevato polveroni. D’altra parte, aveva già avuto dell’incredibile il successo al secondo turno contro il duo Glasspool-Heliovaara, vincitori ad Adelaide e sesta miglior coppia del pianeta, secondo il computer. Superato il pericolo e cancellata quella palla-match, il tappo era saltato definitivamente e da allora era scorso solo champagne nelle loro partite. Filate via in un crescente tripudio collettivo, come nella meno credibile delle favole manga.

6-3 6-1 ai numeri 1 del tabellone Koolhof e Skupski, 6-4 6-2 ai numero 8 - Granollers e Zeballos - e 6-4 7-6 in finale agli outsiders Nys e Zielinski. Con un championship point che profuma di padel e che fotografa lo stile funambolico della coppia, rappresentando una summa degli ingredienti del loro capolavoro. Una miscela di caso, destino e buona sorte che li ha portati dove non avrebbero mai sperato di arrivare. “Per essere onesto, sul match point non so mica cosa sia successo. Kubs è stato eccezionale nel rimandare dall’altra parte un paio di colpi, ma credo che si possa tranquillamente dire che siamo stati fortunati”, ha ammesso Hijikata. “Avevo sempre legato i miei sogni al singolare, questo successo ha il sapore del surreale. Soprattutto pensando a quali porte potrebbe aprire questo risultato e ai tornei che quest’anno potremo giocare in tabellone. Senza negare che anche il montepremi è una di quelle cose che ti cambiano la vita. Mi e ci consentirà di pianificare l’attività, di decidere cosa fare e quando farlo. È una prospettiva che mi dà tanta serenità”, ha aggiunto Kubs, pensando all'assegno da circa 400mila euro allegato alla coppa.

Oggi il loro trionfo occupa le prime pagine dei giornali Down Under e trova spazio anche sulle TV generaliste. Da Quist e Bromwich a Emerson e Fraser, da Newcombe e Roche fino ai mitici Woodies, otto dei primi doppisti più vincenti della storia (gli altri due sono i Bryan) sono proprio australiani. Il Paese sa che con Hijikata e Kubler non ha trovato gli eredi di Hoad-Rosewall e nemmeno i nuovi Hewett e Stolle, ma si gode la fairytale di cui ognuno ha bisogno. E poi se 3 degli ultimi 5 major di doppio sono stati vinti da coppie australiane (prima dell'acuto di questa coppia anomala, il '22 aveva offerto quelli di Kyrgios e Kokkinakis a Melbourne e quello di Ebden e Purcell a Wimbledon) qualcosa significherà pure. Per un quarto di secolo la terra dei doppisti aveva aspettato un duo composto da soli canguri che vincesse lo Slam di casa. Prima gli Special Ks e poi due giovanotti di un metro e 78, coi tratti asiatici e il sangue del Pacifico, hanno ricordato a tutti che ogni tanto i sogni si avverano. 


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