Chiudi

-
Campioni internazionali

Fisico, stile, radici: da Berrettini ad Arnaldi, quant’è vario il tennis italiano?

Il Rinascimento azzurro abbraccia tutta a penisola nel segno di una capillarità che fotografa anche la diffusione e la popolarità delle racchette

di | 30 aprile 2023

I Quattro Moschettieri li conosciamo, Matteo Berrettini, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti e Lorenzo Sonego. Che cosa li lega oltre alla bandiera? Il culto del lavoro e del sacrificio, certo, l’emulazione, la rivalità interna, la correttezza dei comportamenti e anche - come ha rimarcato anche una tv - una buona conoscenza dell’inglese, che non guasta a questo mondo.

Li lega anche un senso di italianità che, nel caso di Sinner, s’arricchisce del super-coach australiano Darren Cahill, ma è comunque riconducibile ad allenatori di casa, ex giocatori, ex maestri di circolo, con personaggi poco noti ma all’avanguardia come studi e conoscenze, sempre attenti, sempre applicati, sempre presenti. 

Espressione di una professionalità che ci fa onore anche a livello di maestri, nel segno di una crescita che fino a una decina di anni fa era ancora impensabile.

Non è scuola, così come non è scuola, oggi, da nessuna parte, nel mondo. Anche dove le federazioni hanno una montagna di fondi a disposizione, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna ala Francia, o dove campioni come Rafa Nadal  sono figli della propria storia, come oggi l’erede Carlos Alcaraz.

L’Italia del resto è piccola ma diversa dalla storia alla geografia all’arte, un eccitante, intrigante ed unico bonsai, assolutamente irreplicabile. Ben rimarcato anche nel Rinascimento del tennis azzurro dove età, fisici, provenienza e gioco sono diverse per tutti, o quasi. Collegati comunque dalla cerniera della FITP con la coppia di tecnici Volandri-Rianna e gli specialisti che mette loro a disposizione tutto l’anno nei tornei. 

MAGNIFICI 4

Berrettini, che ad aprile ha compiuto 27 anni, è quasi due metri, cresciuto dall’ex pro Vincenzo Santopadre, è romano de Roma, è sempre stato un gigante prima dai piedi e dagli addominali d’argilla. Esploso 3 anni fa, quand’ha potuto sprigionare tutti i cavalli del suo motore dal Formula 1, e cioé servizio e dritto da “Martello”, è volato fino alla storica finale di Wimbledon, per due anni al Masters, ai successi anche al Queen’s, e ai quarti almeno in tutti gli Slam, toccando il numero 6 del mondo. 

Il servizio di Matteo Berrettini (Getty Images)

Come lui anche Jannik Sinner, classe 2021, ha saltato il livello juniores, spinto dal maestro di tennis più innovativo e moderno del tennis italiano, Riccardo Piatti. L’altoatesino strappato dallo sci nelle sue montagne, allevato a Bordighera e ora in pianta stabile a Montecarlo, ha caratteristiche fisiche e tecniche totalmente differenti da Matteo: cresciuto lentamente fino a 1.88, ha cominciato a dominare i Challenger già a 17 anni, e già a 18 è esploso nel segno dio una irresistibile precocità dominando da ospite inatteso le Next Gen Finals di Milano under 21, senza più fermarsi nella scalata al vertice del tennis, raggiungendo già i quarti in tutto gli Slam, vincendo anche un Masters 1000, battendo i primi e stabilizzandosi nei top 10.

Atleta naturale, longilineo e con forza veloce alla Djokovic, da attaccante da fondocampo capace di forcing velocissimi strepitosi ed irresistibili, si sta evolvendo in un giocatore completo a tutto campo, ogni superficie.

Jannik Sinner colpisce di rovescio (Getty Images)

Musetti, classe 2022, che invece è alto 1.85, tira il suo magico rovescio a una sola mano - a differenza di Berrettini e Sinner che ce l’hanno a due -, è un talento tennistico naturale, da migliorare tatticamente. E’ un grande difensore che si esalta nel contrattacco esaltandosi sulla terra rossa. Toscano di Carrara, si è appoggiato anche a Genova, dov’è entrato nel mirino di Fabio Fognini, come Matteo Arnaldi, tanto da diventare i “cavalli” della sua neonata scuderia manageriale. A differenza dei già affermati compagni, da junior è stato protagonista, aggiudicandosi gli Australian Open di categoria e salendo al numero 1 del mondo, si allena da sempre con lo stesso maestro del circolo, Simone Tartarini, anche se molto si è appoggiato e si appoggia alla struttura FIT. E’uno dei bracci d’oro più fantasiosi e pericolosi come dicono le sue vittime illustri e la capacità entrare già due volte nei top 20. 

Il rovescio di Lorenzo Musetti (Getty Images)

Sonego, del resto, è diverso da tutti gli altri migliori: classe ’95, torinese, alto 1.91, longilineo, come ottimi piedi, è stato plasmato da coach Gipo Arbino, classico esempio di giocatore costruito con lavoro, intelligenza ed orgoglio, che diventa giocatore completo, ogni superficie (3 titoli ATP su 3 superfici diverse). S’è fatto notare solo dal 2017, col suo uno-due servizio-dritto, coraggio e combattività, armi che nel 2021 l’hanno esaltato come il primo semifinalista azzurro a Roma dopo Filippo Volandri nel 2007. E’ salito fino al numero 21 del mondo e sta ritrovando ora un equilibrio sempre attraverso il lavoro.

Il diritto di Lorenzo Sonego (Getty Images)

VAVASSORI & COMPAGNI

Andy Murray era troppo arrabbiato e frustrato per omaggiare degnamente l’avversario che l’aveva umiliato a Madrid, un “senza nome” partito dalle qualificazioni, ma Daniil Medvedev è rimasto davvero impressionato dal gioco champagne del quasi 28enne di Torino, Andrea Vavassori, finora specialista di doppio, anche in coppia dell’amico Sonego, con qualche apparizione sempre più importante in singolare dal primo titolo Challenger del 2017. Alto 1.91, cresciuto da papà Davide, come il fratellino 18enne, Matteo, si è evoluto strada facendo, transitando dal rovescio a due mani a una, esaltandosi nel tennis classico d’attacco, a rete, spinto da un buon servizio e da un’ottima reattività finché da quest’anno si sta ritagliando una carriera ATP anche in singolare.  

Andrea Vavassori colpisce di rovescio (foto Getty Images)

Matteo Arnaldi, classe 2021 come Sinner, ma con tutt’altre aspettative, almeno di partenza, in comune col predestinato del tennis italiano ha anche la matrice-Djokovic.

E’ cioé cresciuto guardando, ispirandosi ed imitando il numero 1 serbo, cui somiglia anche morfologicamente. Come attaccante da fondo, con rovescio a due mani, anche se il suo colpo forte è il dritto, col quale ha demolito Casper Ruud a Madrid. Matteo è stato allevato al tennis dal nonno, ha deviato dalla prima passione sportiva, il nuoto, nel 2020 è entrato nei top 1000 ATP, oggi è nei top 100, dopo una corsa straordinaria che promette molto a dispetto della lunga attesa, col difficile confronto con altri ragazzi italiani che invece avevano già fatto risultato. 

Acquista un biglietto per la Davis Cup Final 8

Bell’atleta, ben strutturato, veloce e volitivo, è alto 1.85, deve ancora migliorare molto di servizio. L’anno scorso, tornando a casa, ha fatto il salto di qualità col maestro Alessandro Petrone, superando le pre-qualificazioni a Roma (insieme al gioiellino Nardi) e con le buone prove alle Next Gen Finals di Milano dove s’è fatto notare per la ricerca continua del punto, la completezza tecno-fisica e la forza mentale.

Matteo Arnaldi colpisce di diritto (foto Getty Images)

Spiccando nel confronto con l’amico del cuore, il coetaneo Francesco Passaro, che ha vinto prima e l’aveva battuto nel derby al Palalido, malgrado i crampi, salvando 3 match point, ma ora sta stabilizzando il suo gioco dopo un infortunio e qualche problema di crescita. Lui, alto 1.80, perugino, portiere di calcio mancato davvero per un soffio, tifosissimo dell’Inter, allenato da Roberto Tarpani, l’anno scorso ha raggiunto a sorpresa la finale del Challenger di Sanremo, arrendendosi in finale al fenomeno Rune. Curioso: ha battuto a Forlì quel Jaime Munar che ha battuto “il gemello” Arnaldi nel 1000 di Madrid come l'anno scorso a Perugia: in mezzo la sconfitta nell’ATP di Barcellona. Incroci fra amici, così diversi nel fisico e nella crescita. 

Il rovescio di Francesco Passaro (foto Combi / MEF Tennis Events)

SARTORI FILES

Il redivivo Marco Cecchinato che, con le semifinali del Roland Garros 2018 eliminando Djokovic, diede il la al Rinascimento del tennis italiano, si stacca a sua volta da tutti gli altri italiani. A 30 anni, coi suoi tocchi di classe di rovescio e le smorzate da maestro della terra rossa, il palermitano, che nel 2019 era salito al numero 16 del mondo ed ora è top 80, è tornato nell’alveo del maestro Massimo Sartori, a Vicenza, ed è alla ricerca del tempo perduto con l’ausilio di Tommaso Castagnola.

Il rovescio di Marco Cecchinato

Il 21enne mancino di Roma, Giulio Zeppieri, anche lui oggi a scuola da Sartori - il vero scopritore di Sinner - , sotto il profilo della fantasia, somiglia a “Ceck”. Anche nella ricerca di quella fondamentale continuità che può finalmente esaltare un gioco difficile ma entusiasmante. E che è in definiva il, suo vero Tallone d’Achille. 

Giulio Zeppieri

POPOLARITA’

Scorrendo la classifica mondiale si ha ulteriormente la fotografia di uno sport in salute, amato e diffuso in tutt’Italia. Il 25enne Raul Brancaccio, viene da Torre del Greco, il 30enne Franco Agamennone, è argentino ma ha sposato ufficialmente la Puglia, il 19enne Luca Nardi è di Pesaro, il 21enne Mattia Bellucci è di Busto Arsizio, il 26enne Andrea Pellegrino è figlio di Bisceglie, il 20enne Francesco Maestrelli è di Pisa, il 29enne Riccardo Bonadio è di San Vito al Tagliamento, mentre gli altri tre rampanti, il 20enne Flavio Cobolli e i 21enni Luciano Darderi e Matteo Gigante, gravitano su Roma. Che, sempre più, con l’upgrading  degli Internazionali a super Masters 1000, è il crocevia del tennis italiano.

Gli italiani e il n.18 ATP: per alcuni è stato un ostacolo


    Non ci sono commenti