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Campioni internazionali

Atleti e salute mentale: Naomi Osaka ha cambiato tutto

Il 2021 è l'anno che ha cambiato in maniera determinante in modo in cui tanti guardano alla salute mentale degli sportivi. In primis gli atleti stessi. I casi di Naomi Osaka e Simone Biles lo confermano.

di | 23 dicembre 2021

La forza mentale non dipende da quella fisica. E' questa la più grande lezione sportiva del 2021, l'anno che ha cambiato forse per sempre la percezione della salute mentale degli sportivi di vertice. Uno degli esempi più recenti di questa lezione l'ha offerta Tyson Fury, britannico, campione del mondo dei pesi massimi di pugilato, che ha confessato di aver sofferto di depressione e nutrito pensieri suicidi.

Parlarne fa bene, ha commentato Mardy Fish, che ha raccontato i suoi nel nell'intenso e per certi versi coraggioso documentario Netflix della serie "Untold" in cui ha svelato la sua difficile convivenza, iniziata nel momento migliore della sua carriera, con un disturbo d'ansia generalizzato. 

Ne parlerà anche ai bambini Bianca Andreescu, nel libro illustrato Bibi's Got Game, che ha scritto e uscirà il prossimo 31 maggio.

Se ne parla e se ne parlerà, si spera, sempre di più nello sport anche a causa delle due grandi e più inattese assenze del 2021: Naomi Osaka che abbandona il Roland Garros e l'icona della ginnastica artistica Simone Biles che abbandona la scena prima della finale olimpica di Tokyo nel concorso individuale

In tempo di pandemia, quando le basi del vivere comune si sono sgretolate e la costruzione di una nuova normalità prosegue ancora su basi precarie, il bisogno di sicurezze è ancora più forte. E le sicurezze spesso si cercano all'interno, non nella gratificazione che può derivare dagli apprezzamenti esterni.

Il discorso di Naomi Osaka al Roland Garros mette gli atleti di fronte al problema e i giornalisti di fronte agli effetti che le domande, laddove poste al confine tra la critica e il giudizio, possono provocare. "Ho pensato spesso che le persone non abbiano considerazione per lo stato mentale degli atleti, e succede ogni volta che assisto o partecipo a una conferenza stampa".

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Per questo ha deciso di non prendervi parte a Parigi, poi di fronte alla reazione del torneo e alla minaccia di squalifica si è ritirata. Ha saltato Wimbledon, ma non le Olimpiadi in casa a Tokyo. Tuttavia, ha perso al terzo turno per poi implodere, allo US Open, contro la futura finalista Leylah Fernandez. "Negli ultimi tempi, quando perdevo mi sentivo tristissima ma quando vincevo non ero felice: al massimo sollevata. E non penso sia normale" ha detto trattenendo a stento le lacrime. "Onestamente non so quando tornerò in campo".

Decidere di non giocare ha rappresentato il punto di non ritorno. Perché tanti sportivi di primo piano avevano parlato apertamente di queste problematiche, ma la rinuncia a competere in nome della salute da preservare, è un cambio di passo. 

Tuttavia per estendere la riflessione è servito l'esempio di una leggenda del suo sport, un'icona con un'immagine di invincibilità e grazia apparentemente non scalfibile. E' servita Simone Biles.

La statunitense che ha spinto la federazione a cambiare i regolamenti e i coefficienti per giudicare gli esercizi perché ha introdotto difficoltà mai immaginate prima, ha abbandonato l'Olimpiade. 

La grande favorita della finale del concorso individuale  in cui si combinano i punteggi degli esercizi a tutti i singoli attrezzi (parallele asimmetriche, trave, corpo libero, volteggio, cavallo con maniglie) dice basta.

Il peso degli abusi subiti da parte di Larry Nassar, ex medico della federazione USA che ha patteggiato un risarcimento di 380 milioni per 500 atlete vittime delle sue molestie, si è rivelato insostenibile.

Dopo l'annuncio del suo ritiro dalla finale, sottolinea il New Yorker, il numero di volte in cui l'espressione "salute mentale" è stata cercata nel mondo è enormemente cresciuta.

Dopo Biles, comunque bronzo nella finale olimpica del volteggio con un esercizio modificato, altri atleti hanno confessato le loro difficoltà dal punto di vista della gestione mentale dello stress connesso allo sport oggi. Calvin Ridley ha lasciato la NFL, la ricca lega statunitense di football, per concentrarsi sul suo benessere mentale.

Anche la calciatrice Christine Press, celebre negli USA, si prenderà una pausa dallo sport: vuole prima processare il lutto per la morte di sua madre. Le frequenti ospedalizzazioni della nonna, che ha contratto il Covid, hanno invece oscurato l'orizzonte di Bianca Andreescu che per questo ha spiegato che salterà l'Australian Open.  

Di fatto, sempre più atleti sembrano disposti a parlare di queste difficoltà, di problemi che però conservano uno stigma forte. Lo vedi dalle parole: un atleta con un infortunio muscolare ha un problema fisico, un atleta con disturbi d'ansia parla di salute mentale. 

Il tennis può fare da guida almeno dal punto di vista della condivisione. E' la prossima missione di Venus Williams, punto di riferimento della partnership tra la WTA e BetterHelp, portale online che fornisce servizi di assistenza psicologica diretta, anche via computer.

Ma ancora non è del tutto condivisa, fra atleti e tifosi, l'idea che devi prenderti cura della mente così come fai con il tuo corpo. Lo sport, ha analizzato ancora Venus in un'intervista a Forbes, può avere un ruolo chiave per cambiare questa percezione.

"Gli atleti hanno grande credibilità - ha detto -, perché nello sport competi per vincere, dai il massimo ma se giochi male una partita non la ripeti, non la cancelli. C'è qualcosa di molto onesto e credibile nell'essere atleti. Il fatto che siano proprio loro al centro della scena sul tema della salute mentale è molto incoraggiante. Perché dà alle persone la possibilità di parlare di cose su cui prima non si aprivano. E mi piace".

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