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Campioni internazionali

Infinita Serena Williams, la "Wonder Woman" del tennis

Compie oggi 40 anni Serena Williams, che ha vestito i panni di Wonder Woman prima dello US Open per una serie tv. "Ha cambiato il mondo del tennis" ha detto il coach Patrick Mouratoglou

di | 26 settembre 2021

Serena Jameka Wiliams è nata a Saginaw, nel Michigan, il 26 settembre 1981

Serena Jameka Wiliams è nata a Saginaw, nel Michigan, il 26 settembre 1981

Volontà e rappresentazione. Su queste due premesse Serena Williams, che compie oggi quarant'anni, ha costruito il lungo percorso che l'ha resa icona culturale e fattore di cambiamento. In una serie DirecTV in quattro parti, Serena è diventata Wonder Woman.

Dai primi spot, diffusi alla vigilia dello Open, è risultato subito chiaro il messaggio. Wonder Woman, ha detto il responsabile dell'agenzia Critical Mass che ha realizzato questa curiosa serie ispirata ai fumetti DC Comics, “è sempre stata un simbolo di uguaglianza. Nel realizzare la storia abbiamo fatto in modo da tenere sempre presenti i valori di Serena – ha spiegato -. Lei è un'eroina nella vita reale, ha lavorato duro per raggiungere la vetta e allo stesso tempo battersi per la rappresentazione nello sport”.

Rappresentazione vuol dire anche inclusione, parità di genere e di montepremi, maggiore presenza a tutti i livelli, in campo e fuori, di donne, neri, ispanici, asiatici e persone di diverse provenienze etniche.

Per tutto questo i risultati contano. Ma i 73 titoli complessivi, di cui 23 Slam, in singolare, non spiegano tutto il suo appeal. Non basterebbero da soli adesso che non vince più un major dall'Australian Open 2017, che ha conquistato pur essendo incinta da un paio di mesi.

La nascita della prima figlia ha modificato gli equilibri della sua auto-narrazione, o auto-rappresentazione, come simbolo di forza di volontà. “Ha molte difficoltà a non mettere la sua vita di madre davanti alla sua vita come atleta. La famiglia viene prima” ha detto il coach Patrick Mouratoglou, a lungo suo fidanzato.

Battuta nelle ultime quattro finali Slam, Serena Williams rimane una potenza sui social network. Ha due milioni di follower su Instagram, come Naomi Osaka ed Emma Raducanu. Tre visioni, tre versioni di un futuro inclusivo e con meno barriere con tutti prima o poi dovremo fare i conti.

I successi sportivi, e la dedizione che ha messo nel raggiungerli, l'hanno spinta a quel livello di fama tale che il nome di battesimo basta a identificarla. Senza possibilità di confusione. Ha sognato una strada, Serena, l'ha percorsa tutta e ha indicato a chi è venuta dopo di lei da dove ripartire, e per dove andare.

“Serena ha cambiato il tennis” ha detto ancora Mouratoglou, come riporta l'agenzia France Press. “Ha aggiunto una dimensione atletica che prima non c'era. Insieme alla sorella Venus, ha aperto le porte a una generazione di giocatrici perché il tennis era uno sport per bianchi. Ha inventato l'intimidazione, perché in tante hanno temuto la sua presenza. Infine, grazie a lei il business è entrato nel tennis femminile. Con la sua aura, è diventata oggetto del desiderio per il marketing. E grandi contratti di sponsorizzazione sono arrivati anche nel tennis”.

Serena Williams con la figlia Alexis Olympia durante la premiazione del WTA Brisbane 2020

Serena si è assunta un ruolo di guida che ha vissuto con decisione contro le derisioni. L'ha portato avanti con forza e qualche esagerazione. Lo sfogo contro l'arbitro nella finale dello US Open persa contro Naomi Osaka, in lacrime durante la cerimonia di premiazione, ha raccontato il lato oscuro della pressione competitiva.

Due anime convivono e combattono nella Wonder Woman del tennis moderno. C'è l'istinto della campionessa che gioca sempre e solo per vincere perché, dice, “perdere non è divertente”. C'è un senso di missione nel suo modo di affrontare la carriera, gioca per se stessa, per dimostrare che ci si può affrancare da Compton, dai drammi e dalla morte di una sorella. Gioca allo stesso tempo per gli altri. Per loro, per le giovani generazioni, vuole essere la figura di cui avrebbe avuto bisogno da adolescente.

 

Nel tennis, ha detto alla rivista Time, “abbiamo avuto pioniere meravigliose come Billie Jean King che ci hanno messo nella condizione di richiedere montepremi uguali per uomini e donne e una pari presenza sui campi principali. Abbiamo fatto grandi passi avanti grazie alla nostra leadership. Per le ragazze giovani è importante avere qualcuno a cui guardare. Crescendo, avrei tanto desiderato aver avuto quel tipo di modello di riferimento”.

A suo modo, mettendo sempre in scena se stessa, con la forza del suo messaggio, Serena sta interpretando quel ruolo. Il suo corpo è un mezzo di comunicazione, che ha sempre usato per far arrivare messaggi disparati. Ha ricoperto le trecce di perline colorate, è scesa in campo in tutù o in tute nere che la inguainavano fino ai piedi. Niente è casuale.

Oggi è una star anche su Tik Tok. I quadretti familiari con la piccola Alexis Olympia vestita esattamente come lei sono un must per i fan che si divertono e intanto ascoltano anche consigli su alimentazione e stile di vita sano.

Anche a quarant'anni, anche da madre di una bambina di quattro anni, Serena Williams non perde la sua anima di Wonder Woman. L'ultima delle sue iniziative per l'inclusione ha la forza di un manifesto. Ha convinto la Nike a metter su un programma di apprendistato con cui ha permesso a dieci giovani designer neri di New York di effettuare uno stage di sei mesi a gennaio 2020. E' un piccolo ma importante stimolo, perché alla Settimana della Moda di New York meno di un disegnatore di moda su 10 è nero.

Tra i selezionati nella Crew c'è anche Toussaint King che ha contribuito a realizzare le scarpe indossate da Serena all'Australian Open di quest'anno e ora lavora a tempo pieno come disegnatore per le Jordan Kids.

In questa iniziativa è racchiuso tutto lo spirito della Serena versione Wonder Woman. Come l'eroina dei fumetti, non si preoccupa tanto di quel che merita, ma difende tutto ciò in cui crede. E si dichiara pronta “a combattere per coloro che non possono farlo per se stessi”. Anche così si fa la differenza.

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