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Campioni internazionali

Riccardo e Jannik: le conseguenze di un amore

Piatti e Sinner hanno divorziato: lo hanno reso noto con un comunicato congiunto. Una decisione dolorosa che cambierà le vite di entrambi, fortemente concentrate negli ultimi anni sul reciproco rapporto umano e professionale. Viene spontaneo domandarsi quali saranno i contraccolpi nelle carriere di entrambi

di | 16 febbraio 2022

Riccardo Piatti con Manas Dhamme, 14 anni, grande speranza del tennis indiano

Riccardo Piatti con Manas Dhamme, 14 anni, grande speranza del tennis indiano

Il comunicato congiunto ha il sapore di quelle cose formalmente corrette, ben educate, che si dicono per chiudere un rapporto “da gentiluomini” ma con un carico enorme di emozioni contrastanti. Riccardo Piatti non è più il coach di Jannik Sinner che da diversi giorni si sta allenando con Simone Vagnozzi. Jannik Sinner non è più un giocatore di Riccardo Piatti, che l’aveva ospitato “a casa sua”, il Piatti Tennis Center di Bordighera, da quando il rosso talento della Val Pusteria aveva solo 13 anni.

Per tutti coloro che si stavano godendo la splendida ascesa di questo ragazzo italiano, a soli 20 anni già n.10 del mondo, con 5 tornei ATP e 2 quarti di finale Slam nel palmares, è un colpo al cuore. Ma come, stava andando tutto così bene…

Crescita progressiva e continua, sul piano del colpi, del gioco, del fisico e della personalità: la garanzia sulla qualità da top player di Sinner (futuro n.1 del mondo? Vincitore di Slam, quanti Slam?) pareva proprio legata alle qualità e all’esperienza di quel coach che, dopo aver allenato gente come Ljubicic e Djokovic, Raonic e Gasquet, sapeva come si fa a guidare qualcuno nella salita verso le vette più alte.

La recente esplosione di personalità tra Nitto ATP Finals e Davis Cup Finals sembrava l’ultima conferma che mancava: il ragazzo ha la stoffa del campione e pure il ‘fisique du role’. Gioca alla pari con i primissimi. Il pubblico lo adora e lo fa volare.

Ora abbiamo scoperto che non tutto andava bene. Che queste prestazioni, questa crescita, e i relativi risultati, arrivavano anche se nel rapporto tra il mentore e il suo allievo prediletto la tensione stava salendo, qualcosa si stava rompendo.

Che le cose stiano così è evidente per la violenza dell’esplosione del rapporto, improvvisa e accecante, devastante. Tutto in una giornata, in una riunione fissata per parlare del prossimo futuro insieme: martedì 8 febbraio. Un futuro che non c’è perché Jannik si presenta dicendo che così come stanno le cose non vanno. Non vanno più. Un fulmine a ciel sereno per Riccardo. Volano parole grosse. Succede l’irreparabile.

Oggi però la sensazione è che l’irreparabile fosse già successo, che Jannik probabilmente avesse già deciso che per lui era finita, anche prima di quella riunione. Difficile immaginare che le sessioni di allenamento oggi testimoniate da filmati sui social, la scorsa settimana sussurrate tra addetti ai lavori, siano state organizzate lì per lì, in quattro e quattr’otto.

Il disagio di Sinner è qualcosa che arriva più da lontano, figlio dell’evoluzione del rapporto con il team e con Piatti che si è venuta a creare nelle ultime due stagioni.

Jannik è diventato in modo progressivo e apparentemente naturale l’unico centro di gravità intorno al quale girava l’universo di Riccardo. E’ probabile che il tecnico comasco non se ne sia neanche accorto, tanto naturale sembrava a tutti che l’apparizione di questo tennista prodigio italiano dovesse essere il centro di un mondo da sempre votato alla ricerca dell’eccellenza.

L’eccellenza ora era lì, come un grande brillante grezzo. Ora il compito del maestro, dell’allenatore, del mentore, con tutte le sue risorse, era quello di farlo brillare nel punto più alto. Ogni grande allenatore lo sa: se ti trovi davanti un potenziale n.1, devi aiutarlo a diventare n.1. E’ una missione. E’ il senso del tuo mestiere. Fallire vuol dire tradire, te stesso e lui, il talento che a te si affida.

In questa missione Riccardo Piatti a un certo punto deve aver perso il filo. Non quello tecnico, della crescita tennistica di Sinner. Il filo del rapporto con la vita di tutti i giorni di Jannik, in giro per il mondo o sui campi di allenamento. Il filo della comunicazione con lui. La percezione del clima che lui, Riccardo, aveva creato attorno a questo progetto e all’interno dello stesso rapporto tra padre tennistico e figlio.

Questi, quando avvengono, sono gli scontri più duri. Spesso per evitarli basterebbe un amico. Uno che ti guarda da fuori e ti dice la verità. Ti aiuta ad accorgerti che stai esagerando, lo stai soffocando.

Jannik gli amici con cui confidarsi li ha trovati, dalle sue parti, nella culla tennistica dove è cresciuto. Evidentemente lo hanno ascoltato, lo hanno aiutato a sfogarsi, a chiarirsi, a fare le sue scelte, a trovare nuovi punti di riferimento.

Riccardo forse di confronti con altri non sentiva il bisogno, non aveva dubbi, forte del successo del suo Tennis Center, dei progressi e risultati del suo allievo, della convinzione assoluta di sapere quali fossero le “cose giuste da fare”.

Invece ora scopre che forse di qualcuno che lo mettesse un po’ in discussione avrebbe avuto bisogno, per non farsi trovare colto di sorpresa martedì 8 febbraio. I tredicenni crescono. I ventenni se hanno personalità vogliono prendere in mano la propria vita “whatever il takes”, direbbe un drago del tennis.

Ora Sinner facilmente pagherà un prezzo per la sua decisione: va ad affrontare la nuova stagione senza qual solido basamento di preparazione che era prevista dal programma di Riccardo Piatti per le settimane successive agli open d’Australia.

Ha un buon allenatore come Simone Vagnozzi, perfettamente in grado di seguirlo nel circuito che conta (se e quando poi gli si affiancherà anche Magnus Norman il team sarà ancora più ricco) ma il Covid prima e questo successivo cambio di rotta repentino potranno pesare sui prossimi grandi tornei americani (dove gli scadrà la cambiale della finale raggiunta a Miami nel 2021) e sulla faticosa stagione successiva, quella sulla terra battuta. Da oggi ogni sconfitta prematura gli sarà ascritta come conseguenza della sua scelta.

Magari sarà dura all’inizio ma le sue qualità, la sua rete di amicizie tra giocatori e allenatori, lo aiuteranno a proseguire la sua strada di successo. Le chance sono intatte. Gli farà a lungo compagnia il dubbio di aver staccato la spina troppo presto, di non essere riuscito a sopportare una pressione magari ossessiva ma capace di far venire a galla la sua eccellenza. Inutile nascondersi: se non dovesse mai diventare n.1, potrebbe chiedersi all’infinito se le chiavi del suo successo a tutto tondo non fossero rimaste nel cassetto della scrivania di Riccardo a Bordighera.

La vita però è così. Le scelte sono vere quando per prendere qualcosa si rinuncia dolorosamente a qualcos’altro. Jannik Sinner ha fatto la sua, Riccardo Piatti ha dovuto accettarla. Ora forse guarderà sotto un’altra luce i volti dei ragazzi che ogni mattina sono sui suoi campi e nella sua palestra. Non sono Jannik ma sognano come sognava lui.

Il coach è il loro faro, anche adesso che Sinner non c’è più. Anzi forse lo è ancora di più. Ripartire non sarà facile. Le conseguenze di un amore così, come quello tra un capolavoro e il suo creatore, sono solchi profondi. Segni che il tempo fatica a cancellare.


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