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Il fuoriclasse serbo ha ricevuto il trofeo per la sua settima stagione da n.1 del mondo. E’ un record assoluto, che prima condivideva, a quota 6, con lo statunitense Pete Sampras. Si aggiunge ai 20 Slam, alle 347 settimane in testa alla classifica, primati che, secondo Sampras, lo rendono il più forte di sempre
di Greg Garber | 15 novembre 2021
Novak Djokovic, dopo il successo nel suo match d'esordio alle Nitto ATP Finals 2021 (7-6 6-2 al norvegese Casper Ruud), ha ricevuto il trofeo come n.1 del mondo a fine stagione. Per lui è la 7a volta: un record assoluto nella storia del tennis. A questa impresa il collega Greg Garber, prestigiosa firma della ESPN, ha dedicato questo speciale approfondimento.
Sul match point, la volée di rovescio di un irriducibile Hurkacz finisce appena fuori. Pur sapendo dell'imminente verifica del challenge, Novak Djokovic rimane impassibile.
Arrivata la conferma della chiamata arbitrale che ha messo fine alla semifinale del Rolex Master di Parigi di poche settimane fa, Djokovic ha alzato le braccia al cielo, la racchetta nella sua mano destra, una palla in quella sinistra. La testa bassa, la mascella ben serrata, si è poi diretto stoicamente verso la rete. Tuttavia, in lui non era visibile alcun segno di euforia.
Infine, dopo essersi congratulato con il suo avversario e aver salutato l'arbitro di sedia, Djokovic si è battuto il petto per tre volte con i pugni per poi emettere un ruggito tanto prolungato quanto terrificante. Un urlo primitivo in cui è sembrato far confluire tutta l'agonia e l'estasi di questo suo 2021.
Per la settima volta in carriera, Djokovic ha chiuso l'anno da n°1 del ranking: un record. Pete Sampras, cui apparteneva questo primato, ci era riuscito sei volte consecutive tra il 1993 e il 1998. Roger Federer, Rafael Nadal e Jimmy Connors si erano invece fermati a cinque.
"Ovviamente è una sensazione bellissima esser riuscito a battere il record di Pete Sampras, l'idolo della mia infanzia", ha dichiarato Djokovic. "Era a lui che guardavo più di tutti gli altri, colui che mi ha spinto verso il tennis. A volte mi sembra ancora surreale ritrovarmi nella posizione in cui sono oggi, e mi sento fortunato e grato per questo".
In 49 anni solo 26 giocatori sono arrivati fino alla prima posizione del ranking. Solo 17 sono invece quelli che hanno chiuso la stagione da numeri uno. Djokovic ha collezionato il maggior numero di settimane in testa al ranking (347, un numero destinato a crescere ancora), seguito da Federer (310) e Sampras (286).
"In quegli anni ero io l'uomo da battere, ma lui lo è ancora di più", ha dichiarato recentemente Sampras dalla sua casa nel sud della California. "Penso sia stato ancor più costante, ha vinto più tornei e più major e potrei andare avanti a lungo, ma non penso che vedremo ancora qualcuno in grado di eguagliare questo suo record".
Il tennis una volta era lo sport dei nobili e dell'aristocrazia. Sul volgere del Ventesimo secolo lo sport è stato associato a prestigiosi club frequentati da iscritti di madrelingua inglese. Cresciuto a Belgrado, in un paese conosciuto un tempo come Yugoslavia, Novak Djokovic non corrispondeva certo a questo identikit. Nel 1987, quando aveva solo 4 anni, la Slovenia e la Croazia dichiararono la loro indipendenza ed ebbe così inizio il conflitto balcanico. Belgrado, la capitale della Serbia, diventò uno dei bersagli più frequenti dei bombardamenti della Nato.
Djokovic ha trascorso i suoi anni di formazione tennistica allenandosi all'interno di una piscina olimpica riadattata a campo pratica. E i segni di quelle circostanze così precarie sono visibili oggi nell’efficacia dei suoi colpi e nell'ossessione con cui è solito dettare gli scambi con i piedi sulla riga di fondo. Per diversi mesi, con l'intensificarsi dei raid, i bombardamenti furono all'ordine del giorno. Djokovic ha cercato di guardare al lato positivo; con le scuole chiuse aveva più tempo per dedicarsi al tennis.
Nove anni fa, per il programma 60 Minutes, Djokovic ha fatto da guida a una troupe della CBS nei vecchi sobborghi della sua Belgrado. La guerra - dichiarò allora - " ci ha reso ancor più affamati di successo".
Anche il suo coach, Goran Ivanisevic, è cresciuto in Yugoslavia.
"Generalmente, tutti i giocatori provenienti dal Blocco Orientale sono più affamati. Lo ero anche io", ha detto Ivanisevic. "Specialmente i giocatori dei Balcani. Sono molto orgogliosi. Guardate tutte le lotte da lui recentemente vissute in campo, Novak trova sempre il modo per venirne a capo".
"E' questo che lo ha spinto sempre avanti. Questo lo ha reso affamato, ed è per questo che è migliorato". Voleva compiere imprese straordinarie. Guardatelo adesso: se ne sta in cima all'Everest a prendere il sole in costume da bagno".
Un anno fa, giunto sul punto di eguagliare il record di Sampras e di laurearsi per la sesta volta n°1 di fine stagione, Djokovic a Vienna dichiarò che finire la stagione da n°1 è una delle cose più difficili da realizzare nel tennis. E potrebbe dirsi lo stesso per tutti gli altri sport.
Un tennista non ha compagni di squadra e deve difendere uno spazio lungo 23,77 mt e largo 8,23 per un totale di 642 metri quadrati. Per coprire fisicamente quest'area da gioco tridimensionale occorrono una straordinaria coordinazione occhio-braccio, velocità di base e laterale, forza e resistenza. Mentalmente il gioco richiede intelligenza, solidità, creatività e accuratezza.
Talento, costanza e buona salute - oltre all'abilità di superare infortuni grandi e piccoli - sono tutti aspetti decisivi per raggiungere il successo e si possono trovare in qualsiasi giocatore presente nella Top 100. Essere il n°1 per undici mesi, gestendo viaggi in ogni angolo del globo, battendosi su ogni superficie e in ogni clima e in ogni condizione dall'Australia all'Europa, dal nord America all'Asia, richiede uno straordinario bagaglio di qualità.
Arrivato ai 50 anni di età, Sampras ha dichiarato che ai giocatori di tennis non viene riconosciuto quanto essi meritino a differenza ad esempio dei giocatori della NBA.
"A differenza di quegli sport di squadra - ha detto Sampras - qui sei da solo. Se in un match ti senti mentalmente a terra, non c'è lì nessuno che può aiutarti. Il tuo coach non può dirti quel che devi fare. Un giocatore di tennis deve fare affidamento solo su se stesso. Penso inoltre che occorra una certa attitudine per restare il n°1. E' una cosa che desideravi e ti dà fastidio quando è qualcun altro a detenerla. Novak credo che quest’attitudine ce l'abbia".
E Djokovic ci è riuscito sette volte nelle ultime undici stagioni - un lasso di tempo in cui questo sport è stato popolato dai tre migliori giocatori della storia. E il fatto che i progressi ottenuti nel campo della medicina e della nutrizione abbiano aiutato ad allungare le carriere dei giocatori, nulla toglie al fatto che nel 2020, a 33 anni, Djokovic sia diventato anche il giocatore più anziano a chiudere la stagione da n°1. E ormai prossimo ai 34, il suo record sembra destinato ad essere aggiornato.
Quando Djokovic eguagliò Sampras con il sesto titolo di n°1 di fine stagione, l'ATPTour.com organizzò una bella conversazione tra i due moderata da Tim Henman.
"Non è stato divertente, voglio essere onesto con te" - disse Sampras. "Restare al vertice di questo sport anno dopo anno dopo anno è davvero difficile, e Novak può confermarlo. Esserci riuscito per sei anni consecutivi per me credo sia ancora il successo più grande che abbia mai ottenuto".
Djokovic disse che chiudere da n°1 per lui equivaleva a un risultato enorme.
"La dedizione che serve, come decidi di organizzare te stesso non solo in campo ma anche lontano da lì, è davvero tanta" - ha dichiarato. "Capisco bene Pete quando dice di non riuscire a mangiare bene o a dormire bene, sentire lo stomaco molto fragile, gestire relazioni con chi ti sta intorno che possono complicarsi. A volte sei insopportabile anche per te stesso. Tutto il nervosismo, lo stress, le farfalle nello stomaco o come diavolo volete chiamarle - le emozioni positive e negative, tutto quel turbine di emozioni che si è soliti avvertire dentro di te. Eppure sono cose a cui tieni molto".
"Sei anni consecutivi, non so come tu ci sia riuscito Pete, ma ho un enorme rispetto per quel che hai fatto".
Sampras, dopo essersi congratulato con Djokovic, lo ha salutato con una riflessione sulla quale continuare a pensare: una cosa è arrivare in cima, ma restarci è doppiamente difficile.
"Continuerò a impegnarmi per diventare un giocatore sempre migliore", ha detto poi Djokovic a Sampras, "spero di ottenere ancora altri successi e di battere ancora molti record in uno sport che sento di amare con tutto il cuore".
E coerente con quanto dichiarato, questo è proprio ciò che Djokovic ha fatto quest'anno, cancellando il record di Sampras.
Lottare è infatti quel che a Djokovic riesce meglio. Fin dall'inizio della sua carriera ha aggredito le sue debolezze tramutandole nei suoi punti di forza. La sua seconda di servizio non è più un ostacolo, il suo diritto, che sotto pressione era solito incepparsi, oggi è pressoché infallibile, la tenuta atletica che in passato gli era costata qualche match è oggi forse il suo punto di forza più importante. Le sue abitudini in termini di dieta, alimentazione e sonno, frutto di studi e ricerche, sono oggi prese come modelli per qualsiasi atleta professionista. Forse solo il suo smash appare ancora imperfetto, ma questo almeno conferma che anche lui è un essere umano.
"Novak era davvero concentrato, era sempre motivato" - ha dichiarato Ivanisevic. "Trova sempre il modo per riuscirci. Vuole migliorare ogni giorno. Qualcosa che oggi funziona potrebbe non andar bene domani - lui mira alla perfezione. E questi giocatori, quando entrano in campo, vogliono solo vincere. Molto semplice".
Così come è legato alla strategia il suo modo di tenere il campo - nessuno è in grado di colpire i punti giusti del campo come lui - anche dietro la rincorsa al n°1 c'è un percorso. A differenza di Sampras che ci riuscì per sei anni consecutivi, Djokovic preferisce concentrare i suoi sforzi in un biennio. Gli è capitato tre volte: nel 2011-12, nel 2014-15 e nel 2020-21.
Dopo sette anni in cui a dividersi il primato erano stati Federer e Nadal, Djokovic irruppe sulla scena nel 2011. Quell'anno vinse tre major, tornei che dacché furono introdotti i ranking dall'ATP nel 1973, sono diventati indicatori reali al 100% per costruirsi le chance di chiudere al vertice la stagione. Connors, Mats Wilander, Nadal, Federer (3) e Djokovic (3) erano allora a 9 su 9. Essersi concentrato prevalentemente sui major, così come fatto da Federer e Nadal nell'ultima fase delle loro carriere, è stato il fattore decisivo per il successo di Djokovic.
Nelle sette stagioni chiuse da Djokovic da n°1, il serbo ha vinto 47 titoli inclusi 14 dei suoi 20 major con un record complessivo di 430 vittorie e 56 sconfitte.
“Iniziare una stagione vincendo gli Australian Open, cosa che ho avuto la fortuna di fare per nove anni, ti pone in una condizione avvantaggiata per riuscire a essere n°1 di fine anno", dichiarò Djokovic in un'intervista all'ATP Tour. "Ciò che più conta è accumulare punti negli Slam e nei Master1000. Sono stato fortunato nel riuscire a pianificare bene gli eventi in cui mettere in campo il mio miglior tennis e quelli in cui potevo conquistare quanti più punti possibili per permettermi di farmi trovare in questa posizione".
Oggi Djokovic non sembra lontano dal riuscire a prolungare la sua striscia record. Ed è, questa, una statistica che sottolinea tutta la sua incredibile consistenza; nelle quattro stagioni in cui non ha chiuso da n°1, il serbo è finito secondo per tre volte.
Nel 2013 fu sconfitto in semifinale da Nadal due volte, al Roland Garros e agli Us Open. A Parigi Rafa si aggiudicò un match epico per 9-7 al 5°set. Djokovic perse poi da Murray in finale a Wimbledon, un match che, se vinto, sarebbe stato sufficiente perché si potesse confermare anche in quella stagione come n°1 di fine anno. Tre anni dopo, Murray batté Djokovic 6-3, 6-4 alle ATP Finals - e quella fu l'unica occasione in cui quel riconoscimento restò per entrambi in bilico fino all'ultima partita. Nel 2019 Djokovic chiuse la stagione staccato da Nadal di 840 punti; le sconfitte rimediate da Rafa nella finale di Roma, da Dominic Thiem nella semifinale del Roland Garros e da Stan Wawrinka al quarto turno di Wimbledon si rivelarono decisive.
Negli ultimi 11 anni, l'unica stagione chiusa da Djokovic fuori dalle due prime posizioni del ranking fu il 2017, quando scivolò fino al n°12 del ranking. Ma quell'anno il serbo non giocò quasi nessun torneo dopo Wimbledon a causa di un infortunio al gomito destro.
Sampras si è detto sorpreso di come Djokovic sia riuscito a battere sia Federer che Nadal sulle loro superfici preferite, superfici sulle quali sono considerati i migliori interpreti di sempre. Sull'erba di Wimbledon, Djokovic ha sconfitto Federer nel 2014, nel 2015 e nel 2019. Allo stesso modo, Nole ha superato Nadal a Parigi nel 2015 e nel 2021.
"Non ci sono aggettivi per descrivere quel che ha fatto Djokovic negli ultimi dieci anni, non saprei davvero quale usare", ha dichiarato Sampras. "La sua voglia di continuare a cambiare imparando dai suoi errori non fa che renderlo sempre migliore".
"Sono davvero colpito dalla sua trasformazione. Dall'essere considerato un giovane di belle speranze un po' fragile dal punto di vista mentale, mi fa impressione vedere dove è arrivato oggi standomene rilassato e comodo sulla poltrona di casa".
Un ultimo sforzo
La rincorsa al Grand Slam in questo 2021 ha lasciato Djokovic esausto, sia fisicamente che mentalmente. Dopo aver vinto 27 match consecutivi nei major, ha perso il 28° contro Daniil Medvedev nella finale degli US Open. L'aver trascorso del tempo con la sua famiglia, lontano dal tennis, disintossicandosi per quasi due mesi dalle tossine accumulate nel corpo e nella testa, lo ha aiutato a ricaricarsi per l'ultimo sforzo in vista del traguardo di n°1.
"Grazie alla stagione che ho avuto nei Grand Slam, con tre vittorie e una finale, sono riuscito ad conquistare molti punti anche se non ho giocato lo stesso numero di tornei dei miei avversari", ha dichiarato Djokovic. "Medvedev però vincendo gli US Open ci è andato vicino e io volevo chiudere questa stagione in crescendo. Storicamente ho ottenuto molti successi indoor, qui a Parigi ho vinto cinque volte così come alle ATP Finals. So quindi di avere buone chance in questa chiusura di stagione sui campi indoor".
Ivanisevic, che nel corso della sua carriera da professionista ha affrontato Sampras 18 volte, ha dichiarato: "Aver superato un giocatore formidabile come era Pete è incredibile". "Esserci riusciti in un'era in cui oltre a Nole ad inseguire quei record ci sono anche altri due fuoriclasse è un traguardo straordinario. Sono fiero di far parte del suo team e di godermi questo spettacolo dalla prima fila".
"Sono molto soddisfatto di come sono riuscito a gestire tutto quanto riuscendo a concentrarmi solo sulla prossima partita", ha dichiarato Djokovic. "Aver raggiunto questo risultato è un qualcosa che non finirò mai di assaporare".
"E' difficile comprendere fino in fondo l'importanza di questi risultati quando sei ancora un giocatore in attività perché sei sempre a caccia della prossima sfida e del prossimo torneo, e guardare avanti è quel che più ti sta a cuore. Penso che riuscirò ad apprezzarli un po' di più solo quando smetterò di giocare".
L'impegno di Sampras in questo sport oggi si limita alla visione delle partite dal divano di casa sua in compagnia del figlio sedicenne Ryan Nikolaos.
"Mi piace ancora giocare, ma solo per divertirmi. Più che altro sento che il mio fisico non mi segua più molto quando devo effettuare il movimento per il servizio, è come se non lo voglia più fare".
Sampras è convinto che Djokovic chiuderà con il record di Slam vinti. E il fatto che questo Djokovic sia arrivato a una vittoria dal completare il Grand Slam - in un tempo fatto di Internet, pressione dei social media e copertura globale degli eventi - è un qualcosa che lo fa riflettere profondamente.
"Sono convinto che lui veda questi sette anni come un bonus per tutti i major da lui vinti. Ma penso che con l'età riuscirà ad apprezzarli ancora di più perché è riuscito a farcela dominando due dei più grandi giocatori di sempre - Roger e Rafa - e al tempo stesso tenendo a bada la nuova generazione di talenti presenti sul circuito".
"Guardo a ciò che ha fatto negli ultimi dieci anni, alle sue vittorie nei majors, alla sua costanza e al fatto che sia riuscito a chiudere la stagione da n°1 per 7 volte: sono tutti indizi che ai miei occhi lo rendono il più grande di sempre".
Traduzione: Ronald Giammò
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