La maggiore delle sorelle baby-fenomeno ceche approfitta di un buon tabellone ed avanza dalle qualificazioni agli ottavi contro Vekic: talento annunciato si allinea ad altre bambine prodigio con la forza della grinta e della volontà
di Vincenzo Martucci | 21 gennaio 2023
Qualcuno può parlare di fortuna: Linda Fruhvirtova, la 17enne di Praga che porta la terza ceca negli ottavi degli Australian Open, dopo aver superato le qualificazioni ha incrociato le wild card locali, Fourlis e Birrell, e poi nel delicato derby ha approfittato del talento sempre incerottato di Marketa Vondrousova. Vedremo se è stata ancora aiutata dal fato nell’abbinamento con la croata Donna Vekic, stoppata tre anni fa da un brutto infortunio al ginocchio e in lenta ripresa. Qualcuno può storcere il naso davanti ai suoi colpi non così risolutivi.
Ma a vedere la padronanza in campo, la concentrazione massima su ogni palla, la capacità di trovare le soluzioni e il coraggio nel tentare tutti i colpi si capisce perché la chiamano “pit-bull”, mastino, sin dalle primissime apparizioni. Cioé dal torneo dei Petit As di Tarbes dei 12enni, dal quale sono spuntati tante altre star, che ha vinto in singolare e doppio nel 2019, imitata l’anno dopo dalla sorella più giovane di due anni, Brenda (campionessa più precoce di sempre), stabilendo un significativo record familiare.
PROMESSE MANTENUTE
Come già Camila Giorgi, le due ragazze sono state scritturate bambine da Patrick Mouratoglou ed allevate sulla Costa Azzurra. E difficilmente l’abile coach/manager sbaglia scelta, come si è visto da Serena Williams, a Tsitsipas a Rune. Infatti nel 2020 Linda ha continuato a bruciare le tappe aggiudicandosi il titolo agli Australian Open junior, l’anno scorso ha superato le qualificazioni gli US Open e ha vinto il titolo WTA a Chennai e oggi, a 17 anni e 273 giorni è la più giovane ancora in gara nel tabellone dei grandi, la quinta così precoce dal 2010, nella scia di Coco Gauff, Amanda Anisimova, Marta Kostyuk e Madison Keys.
Dichiarando dal primo momento: “Sono qui per vincere gli Slam e diventare numero 1 del mondo”. E oggi a chi si stupisce risponde serafica, da donna molto più matura dei suoi 17 anni: “Quand’ero bambina, e quindi dai 3 anni, quando ho preso in mano la racchetta e non l’ho più voluta lasciare, ho sempre sognato di giocare nei grandi stadi con tanta gente. Guardavo le partite in tv e mi dicevo: 'Qui è dove voglio essere un giorno'. Dopo aver fatto tanti sport, atletica, ginnastica e sci, come mia sorella, ho scelto la racchetta perché tutto dipende da te ed è la meno usurante per il fisico”.
REAZIONE
Guardando le sue partite, capita di vederla in difficoltà nel gioco e nel punteggio, ma anche di vedere le subitanee reazioni, come se decidesse di ingranare un’altra marcia per rovesciare l’esito dl match.
Come ha fatto anche con Voundrousova reagendo al secondo set perso e al break nel terzo, con una volatone fino al 6-3 decisivo. Sempre calma, fredda, attentissima ai particolari, fiduciosa nei suoi mezzi, aldilà della classifica che le assegna ancora il numero 82 del mondo.
“Ho sempre detto che la mia più grande forza è il modo in cui lotto e do tutto fino alla fine - ribadisce -.Sono così fin da bambina: anche se la mia tecnica non era delle migliori e i miei colpi non erano i migliori, sono sempre andata in campo con gran convinzione. Per me il miglior talento che puoi avere è lavorare sodo ed essere disciplinati. A 17 anni è positivo che avere tante cose ancora da migliorare e io cerco di farlo, giorno dopo giorno”.
DNA DA ATLETA
In campo, Linda guarda spesso al suo angolo, a coach Pavel Snobel e a papà Hynek, che ha studiato educazione fisica ed è stato un discreto giocatore di hockey, ma ha chiuso l’attività di architetto d’interni per dedicarsi al business tennis: “Ho letto tanti libri, bho parlato con alta gente e ho messo insieme tante informazioni”. Il must di famiglia è il binomio “ambizione & disciplina”. “I genitori hanno una grande influenza sulla personalità dei figli. Mi hanno insegnato ad apprezzare tutto nella vita e quindi che non sarebbe giusto andare in campo e non dare il 100% dopo quello che hanno fatto per la mia carriera. Che senso ha gareggiare se non vuoi dare il massimo per vincere?”.