Berrettini sa esprimere un tennis di tremende accelerazioni e profonde palle tagliate che non sono nel bagaglio di Djokovic, nonostante sia il più n.1 dei Numeri Uno. Una varietà e una potenza costruite negli anni alla ricerca di un bagaglio tecnico completo
di Enzo Anderloni | 26 aprile 2021
E’ un piacere rivederlo sparare i suoi proiettili di servizio e poi soffiare sul manico della racchetta, come il pistolero dei western faceva con la canna fumante della sua Colt.
Matteo Berrettini, una volta guarita la lesione agli addominali che si era procurato sparando fortissimo agli Australian Open, ha scelto un rientro graduale (il doppio al Sardegna Open con il fratello Jacopo, il primo singolare a Monte-Carlo) e poi si è presentato da testa di serie n.2 a Belgrado ed è riuscito dove persino il padrone di casa Novak Djokovic, il n.1 del mondo ha fallito: battere il russo Aslan Karatsev e conquistare il trofeo dell’ATP 250 di Belgrado.
La domanda più immediata che aveva girato stamane nel Bar Sport del tennis era come Berrettini avrebbe potuto spuntarla con il russo, grande emergente di questo 2021, che ieri aveva preso a pallate Djokovic per più di tre ore. E lo aveva sovrastato persino sulla diagonale del rovescio, quella su cui Nole ha costruito i suoi 17 Slam e le 318 settimane da n.1 del mondo (compresa questa).
Su quella stessa diagonale, sulla carta, Matteo avrebbe dovuto trovare difficoltà insormontabili, considerato che non è il suo lato forte del campo. I più lo davano sfavoritissimo, gli ottimisti prefiguravano una grande battaglia in cui l’azzurro poteva concentrarsi sul tenere i suoi turni di battuta per trascinere i set al tie-break e lì giocarsi il tutto per tutto.
In queste chiacchiere da Bar Sport, influenzate della tradizione calcistica per cui tutti si sentono immediatamente in grado di leggere partite, giudicare prestazioni e stilare spietate pagelle, venivano sottovalutati due aspetti sostanziali della dinamiche che si vengono a creare su un campo da tennis.
In primo luogo non si poteva non tener conto del fatto che Karatsev, anche se ha un fisico eccezionale appoggiato su due polpacci di dimensione XL, non poteva non risentire delle oltre 3 ore di "massaggio" fatto ieri sera a Djokovic ma contemporaneamente a se stesso. Ha finito a sera inoltrata, si sarà fatto trattare a lungo dal fisioterapista , ma non poteva essere lo stesso giocatore di 24 ore prima.
In secondo luogo nel tennis non vale la proprietà transitiva: se batto il n.1 allora batto tutti gli altri, n.10 compreso. Djokovic sarà anche il più n.1 dei Numeri Uno ma il suo stile di gioco, che impone ritmi elevatissimi da fondo campo, spingendo forte sia con il diritto che con il rovescio, sembra fatto apposta per esaltare le caratteristiche di un tipo come Karatsev che, nel ritmo, accelera progressivamente su ogni palla. Ieri lo ha fatto più di Djokovic che non ha voluto mollare fino all’ultimo ma alla fine è finito ko davanti a tutti i parenti, i famigliari e il manipolo di spettatori ammessi sulle tribune del Novak Center.
Il gioco di Matteo Berrettini, nella versione anti-Karatsev, è l’esatta antitesi di quello di Djokovic: proiettili di diritto (preceduti da missili di servizio) e velenosissimi back di rovescio.
Sulla terra battuta è un‘alternanza che si trasforma in un ritmo che non c’è: lento e velocissimo, in sequenze spesso sincopate. La cosa peggiore che possa succedere a un Karatsev su un campo rosso.
Certo bisogna essere capaci di metterlo in scena questo balletto. Il diritto deve essere davvero un fulmine e il rovescio tagliato deve rimanere basso, maligno, impedire all’avversario di appoggiarsi per piazzare le sue badilate.
La premiata ditta Matteo Berrettini/ Vincenzo Santopadre (con il supporto dei tecnici FIT, Umberto Rianna in primis) ha distillato questa e altre cosettine prelibate per il menu del tennis a venire. Dunque bentornato Pistolero, noi non ci siamo stupiti. Ci siamo molto divertiti. Grazie e alla prossima.