La finale di Sonego a Eastbourne arriva dopo il trionfo di Berrettini al Queen’s prolungando anche sui prati inglesi la serie delle grandi prestazioni azzurre del 2021: nelle 20 settimane di gara solo 4 volte non c’è stato almeno un italiano nei quarti di finale
di Enzo Anderloni | 26 giugno 2021
Matteo Berrettini vince al Queen’s Club: che impresa, nessun azzurro c’era mai riuscito prima. Ci si concentra su Wimbledon con rinnovata fiducia?
Calma: c’è da concentrarsi prima su Eastbourne, perché un altro italiano è in finale: Lorenzo Sonego se la gioca oggi con l’australiano Alex De Minaur.
E se la spunterà non sarà solo il suo secondo successo del 2021, dopo il Sardegna Open dello scorso aprile, ma anche il suo secondo titolo sui campi in erba, perché il primo successo l’ha ottenuto proprio sui prati, quelli turchi di Antalya nel 2019.
Pazzesca questa nuova Italia del tennis maschile: sta rivoltando la tradizione come un calzino, dimostrandosi competitiva ai massimi livelli anche dove i tennisti italiani sono stati carenti per oltre un secolo. Persino il grande Nicola Pietrangeli non è riuscito a fare meglio di una semifinale sull’erba di Wimbledon, anche se a fermarlo, in quel 1960 in cui aveva trionfato a Parigi per la seconda volta, fu un grande come Rod Laver.
Il merito di aver rotto il tabù va al più anziano della compagnia attuale, il 37enne Andreas Seppi che, esattamente 10 anni fa e proprio a Eastbourne, ha vinto il suo primo titolo che è stato anche il primo sull’erba di un italiano.
Un’impresa che sembrava proclamare: “Si – può - fare”. Anche perché il campione altoatesino, born in Caldaro, non nel Queensland, era tutt’altro che uno specialista del “serve and volley” da prato. Fu lui a mostrare la via perché è stato il primo tennista universale nella nostra storia moderna. Uno capace di arrivare in semifinale (nel 2008) ad Amburgo, un Masters 1000 sulla terra battuta, insieme a tre simpatici colleghi come Nadal, Djokovic e Federer. Poi di vincere sull’erba di Eastbourne (2011). E nel 2015 di battere Federer agli Open d’Australia (campi duri) per arrivare negli ottavi.
Andreas è ancora lì oggi. C’era anche lui nei quarti di finale a Eastbourne, un torneo nel quale è stato anche finalista nel 2012. Era lì a dimostrare che con il lavoro si può essere competitivi anche a 37 anni e senza chiamarsi Federer.
Questa filosofia del lavoro, dal “Si - può - fare” e della crescita “multilaterale” (come direbbe il maestro Dell’Edera, direttore dell’ISF degli insegnati italiani, che predica il tennis come sintesi di tanti aspetti di pari importanza come mental game, tecnica, fisico e tattica) fu sperimentata da Riccardo Piatti negli Anni Novanta del secolo scorso con un gruppo di ragazzi di buon livello ma non fenomeni: Renzo Furlan, Cristiano Caratti, Cristian Brandi e Federico Mordegan. Furlan arrivò al n.19 del mondo e ai quarti di finale del Roland Garros 1995. Caratti al n. 26 e ai quarti degli Australian Open 1991. Brandi e Mordegan furono n.50 e n.70 del mondo in doppio.
Nell’epoca in cui l’Italia maschile vinceva poco o niente i Piatti Boys alimentarono l’idea che lavorando bene si poteva arrivare in alto. Andreas Seppi e il suo coach Massimo Sartori raccolsero quel testimone. E poi il verbo si diffuse a tutti i livelli. La Federazione determinò il salto di qualità finale applicando le nuove linee guida alla formazione dei suoi tecnici e non è un caso che insieme a quello dei giocatori di alto livello sia cresciuto anche il numero dei coach di alta qualità.
Oggi nei quarti di finale dei tornei ATP gli italiani arrivano a raffica, senza tregua. Perché non c’è superficie che tenga: tutti sanno giocare in modo aggressivo dappertutto, anche sull’erba, che non è più roba per le mucche o per gli inglesi. Tutti hanno capito che il servizio non è più un “colpo di inizio gioco” ma è diventato un “colpo di fine gioco”. E oggi tutti i nostri migliori tennisti piazzano ace e servizi vincenti a raffica. Dunque “si – può - fare”.
I numeri del 2021 sono impressionanti: non solo abbiamo i famosi 10 giocatori tra i primi 100 (numero simbolo che dà l’idea della qualità sempre più generalizzata) ma nelle 20 settimane di calendario agonistico che ci hanno portato fino alle porte di Wimbledon, solo in 4 occasioni non si è registrata la presenza di almeno un azzurro nei quarti di finale di un torneo del circuito maggiore.
Da Gianluca Mager a Delray Beach, la prima settimana di gennaio, al duo Sonego-Seppi di Eastbourne questa settimana, qualcuno ha fatto sempre sventolare in alto la bandiera.
Jannik Sinner e Stefano Travaglia si sono giocati la finale dell’ATP 250 di Melbourne, poi Lorenzo Sonego è arrivato nei quarti a Montpellier, Sinner a Marsiglia e, la settimana dopo ancora Sinner a Dubai e Musetti in semifinale ad Acapulco.
Jannik è stato poi finalista al Masters 1000 di Miami: sette giorni dopo Sonego vinceva a Cagliari (con Musetti nei quarti).
Dalla Sardegna a Monte-Carlo: nei quarti arrivava Fabio Fognini, che passava il testimone ancora a Sinner ('semi' a Barcellona) e Matteo Berrettini (che nella stessa settimana vinceva a Belgrado, con Mager nei quarti).
Pausa la settimana di Estoril e Monaco di Baviera e poi di nuovo: Berrettini in finale al Masters 1000 di Madrid seguito da Sonego in semifinale a Roma e da Musetti in ‘semi’ a Lione. La settimana successiva Cecchinato arrivava in finale a Parma per poi spostarsi al Roland Garros dove Berrettini si fermava solo contro Djokovic, nei quarti.
Altra pausa in quel di Stoccarda e poi Matteo campione al Queen’s Club e ora Sonego si gioca il titolo di Eastbourne (con Andreas seppi protagonista fino ai quarti).
Quando ci si abitua così, non ci si accontenta più. E’ un continuo gioco al rialzo. Al punto che anche un ragazzo d’oro come Lorenzo Sonego, capace quest’anno di esaltare il Foro Italico con partite fantastiche e vittorie memorabili, non ha potuto fiatare un secondo: al lancio del suo tormentone musicale “Un solo secondo” su Instagram uno dei primi commenti ‘social’ recitava così: “Pensa a giocare a tennis che hai perso con Troicki che non vinceva una partita nel circuito Atp da 4 anni”.
Lorenzo non aveva bisogno di moniti e oggi brilla sull’erba. Da dopodomani, a Wimbledon, andrà a caccia di Roger Federer. Sempre all’attacco: senza tregua.