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Dopo un 2021 a singhiozzo, Sascha domina il campo a Madrid eliminando anche Rafa, ora il test Thiem, l’amico che l’ha fatto piangere nella finale degli US Open
di Vincenzo Martucci | 08 maggio 2021
"Unpredictable”, Imprevedibile. Basta osservare lo psicodramma continuo che si recita al suo angolo in tribuna: padre, fratello e staff soffrono quasi in religiosa preghiera, speranzosi che la fiammata del genio folle di Sascha Zverev sia accesa. Scatta o non scatta il formidabile servizio che va a una media di 217 all’ora e, se tiene, se non si inceppa, tiene lontano “sei metri dal campo”, costringendo anche il re di sempre della terra rossa, Rafa Nadal, “a giocare sempre con il braccio sulla spalla”?
E’ disposto o no a lottare palla su palla, a soffrire, ad accettare se stesso e l’avversario, il bambino prodigio di Germania, il primo candidato all’eredità dei Big 3, Federer-Nadal-Djokovic, poi sorpassato dagli altri Next Gen? A 24 anni appena, il trampoliere di quasi due metri, ricco di potenza ed fisicità, servizio e rovescio da sballo, bello ed altero, già campione di 16 titoli ATP su tutte le superfici meno l’erba - dove piegamenti, adattamenti e volée gli riescono difficili -, è in corsa ancora per qualsiasi traguardo da quando, nel 2017, ha vinto il Masters 1000 di Roma. Il problema è lui, semplicemente lui, che è arrogante e presuntuoso, che rifiuta le briglie di super-coach di ex numeri 1 del mondo come Ivan Lendl e Juan Carlos Ferrero, che ha due volte gravi problemi con le sue donne, che litiga con l’ex manager, che oggi c’è e domani chissà.
Anche quest’anno Sascha sta andando a singhiozzo: sul cemento, dopo i quarti agli Australian Open persi in quattro lottati set contro Djokovic, ha perso al primo turno a Rotterdam contro Bublik, e ha spiegato che stava impazzendo dopo nove mesi nella bolla anti-pandemia, quindi ha vinto Acapulco superando Ruud e Tsitsipas ma ha perso subito con Ruusuvuori a Miami.
Passando sulla terra battuta, ha annunciato con un tweet che era felice di potersi sporcare ancora con la famosa polvere rossa di mattone tritato, però si è arreso già al secondo turno a Montecarlo contro Goffin (che non è più lo stesso Goffin), così come subito dopo a Monaco di Baviera contro Ivashka (che è in crescita ma è pur sempre il 107 del mondo), giocando una partita davvero orribile, quindi, a Madrid, complice l’altura, ha infilato in due set il redivivo Nishikori, la rivelazione di questa parte di stagione Evans e il padrone della terra, Rafa, contro il quale sulla superficie aveva perso tre volte su tre, ma che aveva già battuto le ultime due volte sul duro.
Nella capitale spagnola, con la semplicità dei campioni, facendo leva sul cannone che ha nel braccio e su una impensabile tenuta da fondo col dritto, Zverev ha rovesciato la partita dal 2-4 iniziale ed è volato verso il test di semifinale contro Dominic Thiem, col quale ha però un preoccupante deficit di 2-8 nei testa a testa. Col suo miglior amico sul circuito ATP, Sascha ha anche il dente avvelenato perché le ultime due volte ci ha perso dopo aver dominato le prime fasi, addirittura da due set a zero avanti nella finale degli US Open dell’anno scorso.
Mentre invece a Madrid lo ha battuto nella trionfale finale del 2018 e anche questa volta parte favorito contro l’austriaco con le polveri bagnate e la fiducia bassa. Questo, però, vale solo sulla carta perché le lune di Sascha sono misteriose e calano all’improvviso per fattori imponderabili.
Come si sveglierà dopo aver battuto Rafa, dopo “una delle più grandi imprese dello sport è battere Nadal sulla terra, ancor di più in Spagna”? A Madrid ce l’hanno con lui dopo che il suo nome è comparso in un’importante iniziativa contro gli abusi: il popolo del web ha preteso che fosse depennato dalla lista di atleti sostenitori perché l’accusa di violenze domestiche dell’ex fidanzata Olga Sharypova è ancora aperta. Anche il dio del tennis ce l’ha con lui perché non è disciplinato e non è umile, e quindi qualche volta l’ha punito. Ma Sascha che non deve chiedere mai è genio e sregolatezza: nessuno lo capisce, forse nemmeno lui stesso. E questo è anche il suo fascino e la sua arma letale, ma a doppio taglio.
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