Esordisce a Melbourne contro Seppi il numero uno della Slovacchia nella sfida di Coppa Davis contro l’Italia. A sorpresa il 24enne di Presov è stato fra i protagonisti del 2021, scalando oltre 200 posizioni in classifica e guadagnandosi la Top 100. Decisivi, nella sua scalata, l’aiuto di mamma Andrea, una sfida con Novak Djokovic e… i tatuaggi
04 gennaio 2022
L’infortunio di Matteo Berrettini ha rovinato i piani di Filippo Volandri, che nelle sue prime Davis Cup Finals da capitano ha dovuto fare a meno del miglior giocatore azzurro. Ma questa Italia avrà sicuramente altre chance di vincere l’Insalatiera, già nel 2022. La rincorsa tricolore a un posto alle Finals passerà dalla NTC Arena di Bratislava, nella sfida del 4-5 marzo contro la Slovacchia: una nazionale che nella stagione appena conclusa ha perso il suo numero uno degli ultimi anni Martin Klizan, che ha appeso la racchetta al chiodo con un best ranking da n.24 del mondo, ma ha trovato (un po’ a sorpresa) un nuovo giocatore simbolo.
È il mancino classe 1997 Alex Molcan (avversario di Andreas Seppi al primo turno dell'ATP del Melbourne Summer Set di questa settimana dopo il ritiro di Nick Kyrgios per problemi d'asma): uno che ha iniziato la stagione da numero 313 del mondo e l’ha chiusa in 88esima posizione, con un totale di 65 partite vinte fra circuito ATP e Challenger. Un ruolino di marcia figlio di grande continuità ma anche di qualche colpaccio, come il terzo turno allo Us Open partendo dalle qualificazioni oppure la finale all’ATP di Belgrado, all’esordio nel Tour maggiore.
Lo slovacco aveva iniziato la settimana chiedendo un selfie al padrone di casa Novak Djokovic, e l’ha finita trovandoselo come avversario in finale. Ha perso, ma quell’esperienza gli ha dato una carica decisiva per svoltare la sua carriera, verso una seconda metà di stagione da urlo, chiusa con un posto garantito – per la prima volta in uno Slam – nel main draw dell’Australian Open.
“È la mia prima volta nella top-100 – ha raccontato a fine stagione in un’intervista col sito ATP –, e sono davvero felice di esserci riuscito quest’anno. Avendo iniziato la stagione fuori dai primi 300 non credevo potesse essere possibile. Voglio innanzitutto dare merito al mio coach (Ladislav Simon, ndr) e al mio team: il lavoro con loro mi ha permesso di disputare un’intera stagione senza infortuni”. Una precisazione doverosa, visto che in passato oltre all’assenza di continuità erano state anche le noie fisiche a frenarlo, fra schiena, spalla, addominali e non solo. “Stavolta – ha aggiunto – è andato tutto bene, ma non mi accontento. Voglio provare a migliorare ancora il mio tennis, per vedere fin dove posso arrivare”.
Intanto, oggi Molcan è l’unico top-100 slovacco, seguito da Andrej Martin (116), Norbert Gombos (118) e Jozef Kovalik (149), senza dimenticare il top-10 di doppio Filip Polasek. La crescita del 2021 è valsa al 24enne di Presov anche il debutto in nazionale, a settembre contro il Cile. Ha perso il primo singolare contro Garin, poi per fortuna Gombos si è travestito da fenomeno firmando due vittorie contro pronostico e ha trascinato i suoi al duello con gli azzurri.
Ma contro l’Italia gli occhi saranno tutti puntati su di lui, già fra i primi 20 del mondo da under 18, con una finale in doppio all’Australian Open in coppia col top-10 Hubert Hurkacz. Poi il polacco e altri coetanei come Zverev e Rublev hanno saputo confermarsi fra i giganti anche da grandi, mentre lui ancora no, ma non ne fa un dramma.
“I loro successi – ha detto – mi danno un po' di motivazione in più, ma non li guardo più di tanto. Bisogna saper accettare che altri giocatori arrivino tra i top-100 a diciotto anni e oggi giochino le ATP Finals. Forse sono più bravi di me. Io devo lavorare duro per raggiungere il loro livello. Vedremo quale sarà il mio limite”. Nel frattempo, a Melbourne tornerà a essere uno di loro, da giocatore ammesso di diritto nel main draw, e per la prima volta troverà il suo nome nello stesso tabellone del suo idolo Rafael Nadal.
Durante l’ultimo Us Open, quando dalle qualificazioni si è spinto fino al terzo turno prima di arrendersi a Diego Schwartzman, il personaggio Molcan ha attirato la curiosità dei media, e ne è venuta fuori una storia tutt’altro che banale, con mamma Andrea come personaggio chiave. È stata lei, quando il figlio aveva 12 anni, a decidere di cambiare vita per accompagnarlo a Bratislava, così da trovare le strutture (e gli allenatori) adatte ad ambizioni da professionista.
“Solo lì – ha raccontato Molcan – c’erano le possibilità di provarci, quindi ci siamo trasferiti. Mia mamma ha fatto degli enormi sacrifici, come li ho fatti io. All’inizio non è stato per niente facile: non avevamo molti soldi, non conoscevamo nessuno. Ho dovuto farmi nuovi amici, frequentare una nuova scuola e tanto altro. I miei genitori si erano separati un paio d’anni prima, sostanzialmente a causa del tennis, e mamma ha mollato tutto per me. Non la ringrazierò mai abbastanza, mi ha supportato ogni singolo giorno. Spero sia orgogliosa di me, anche se il tennis non è la cosa più importante del mondo. In primis mi piacerebbe che lei fosse orgogliosa di me come persona: il tennis viene in secondo piano”.
Tutto vero, ma fra i 128 del main draw di Melbourne non ci sarà grazie all’educazione, bensì a diritto e rovescio, la cui crescita è andata di pari passo alle posizioni scalate in classifica, col debutto nella top-100 a metà novembre grazie alla semifinale a Bratislava e il titolo a Helsinki (il secondo in carriera a livello Challenger) per chiudere la stagione.
Un altro dettaglio del personaggio Molcan che non poteva proprio sfuggire sono i tatuaggi, o meglio le braccia quasi interamente tatuate, a mo’ di calciatore,. Una passione che lo accompagna fin dai 18 anni, e gli ha permesso sia di esprimere un po’ della creatività che si porta anche sul campo da tennis, sia di ribadire la riconoscenza per mamma Andrea. A lei, infatti, ha dedicato il suo primo tatuaggio, decidendo di portare sul petto la sua data di nascita, e poi l’ha accompagnata con tanti altri simboli, di varie culture diverse.
“Ogni tatuaggio – ha spiegato – ha un suo significato ben preciso. Mi piacciono tante culture differenti, mi piace la mitologia, gli animali. Per questo il mio braccio destro ha dei simboli della mitologia romana, altri della cultura giapponese come un tempio, fiori di loto, una tigre, Buddha. Mi piacciono molto: ogni anno, nel periodo dell’off-season quando sono libero dagli allenamenti per qualche giorno, aggiungo qualcosa”.
Ma oltre al significato e alla funzione decorativa, nei suoi tatuaggi c’è di più. Tanto che a volte è da quelli che trova la forza per combattere durante un incontro. “Quando sto disputando un incontro complicato e ho bisogno di lottare, guardo la tigre. Quando invece è il momento di pensare, osservo il tatuaggio di Buddha. È come se mi dessero le motivazioni per tirare fuori il mio miglior tennis”. Un’abitudine che nel 2021 ha funzionato alla grande, e potrebbe non essere finita qui. Anche perché di spazio da riempire, volendo, ce n’è ancora parecchio.