Chiudi

-
Campioni internazionali

Alcaraz e l'erba: sarà una storia d'amore o di tradimenti?

Domanda di inizio stagione sul verde: Carlos riuscirà a imitare Rafa Nadal anche nell'adattamento alla superficie in teoria più distante dalle sue caratteristiche, oppure (complice anche un'erba sempre più veloce) sarà costretto a lasciare spazio ad altri?

di | 19 giugno 2023

Perché Carlos Alcaraz potrebbe diventare un fenomeno per ogni stagione e per ogni superficie, imitando (anche in questo) il suo illustre predecessore Rafael Nadal? E perché invece potrebbe sempre avere nell'erba una superficie ostica, in grado di metterlo alle corde? Al momento, quando il ragazzo di Murcia ha appena 20 anni, due sole presenze ai Championships (con gli ottavi dello scorso anno come miglior risultato) e nessun altro torneo disputato sui prati, le domande sono aperte a qualsiasi risposta. Ed entrambe le ipotesi sono assolutamente valide. Tuttavia, ci sono (come sempre) degli indizi. E con questi in mano cerchiamo di guardare nella sfera di cristallo per capire se, quando, come e perché Carlitos potrebbe vincere qualcosa di importante anche sul terreno a lui (teoricamente) più ostico.

OPZIONE 1: MODELLO NADAL

Ricordate? Era il 2004 o giù di lì: Rafael Nadal stava per mettersi a dominare sulla terra, aveva già mostrato segnali importanti sul duro (la prima vittoria su Roger Federer, del resto, arrivò a Miami) ma tutti gli osservatori erano più o meno concordi nel dire che con quelle rotazioni lì, con quelle impugnature lì, con quella posizione in campo, sull'erba non avrebbe mai combinato nulla di davvero rilevante. Eppure, Rafa stupì tutti: per arrivare in finale impiegò quattro anni (e tre partecipazioni), per vincere il titolo dovette attendere il 2008, ma quello fu uno dei tornei che ancora oggi ricordiamo con maggiore nitidezza, merito di una finale tra le più straordinarie mai giocate in uno Slam. Chi aveva così tanti dubbi (cioè quasi tutti) dimostrava di essere troppo giovane o di avere poca memoria, perché in fondo si erano dette le stesse cose una trentina di anni prima in merito a Bjorn Borg. E soprattutto dimostrava di non aver compreso del tutto il talento di Nadal. Talento soprattutto nel modo di assorbire i nuovi concetti e metterli in pratica come se fossero la cosa più naturale del mondo.

I terraioli da erba: Nadal, Borg, Santana

Torniamo ad Alcaraz. Punto primo: il tennis di Carlos è già oggi (e parliamo di un ventenne con enormi possibilità di progresso) più adatto rispetto a quello del primo Nadal, per vincere sull'erba. Meno rotazioni, diritto più veloce e più filante, stessa capacità di difendere e di muoversi (su entrambi i lati). Doti cui se ne aggiunge un'altra determinante, sui prati: una buona sensibilità nella mano. Che non vorrà dire per forza vedere Alcaraz diventare un attaccante da serve&volley, ma che servirà quando bisognerà andare a prendersi a rete i punti costruiti con il suo consueto palleggio robusto. Punto secondo: sotto il profilo dell'atteggiamento, Nadal e Alcaraz sono fatti della stessa pasta. Non c'è traguardo troppo ambizioso, non c'è sfida che non si possa vincere. Al contrario: le sfide più intriganti sono quelle più complesse. Aggiungiamoci che la sconfitta in semifinale (con tanto di crampi) patita al Roland Garros brucia ancora parecchio, e allora capiremo che Carlos, già dalle prossime settimane, potrebbe diventare un protagonista sul verde al di là di quello che ci attendiamo.

OPZIONE 2: ERBA AMARA

Andrà senza dubbio così? Non si può dire. L'ipotesi di cui sopra va considerata come la più probabile, per storia e formazione del campione di El Palmar. Ma nel tennis non c'è mai una sola strada. E l'altra porta invece Alcaraz a una fatica costante, nell'affrontare l'erba. Punto primo: Carlos potrebbe non essere in grado di fare tutti quegli step di crescita che ha fatto Nadal. In fondo, quando si parla di Rafa si parla di un fenomeno, e per giunta non è detto che tutti i fenomeni lo siano allo stesso modo, in particolare nel metodo (e dunque nell'efficacia) che li porta ad assorbire nuovi concetti. Oppure potrebbe semplicemente servire più tempo, al classe 2003, per adeguare il proprio tennis ai prati, col rischio di dover affrontare man mano avversari sempre più preparati per la superficie e sempre più attenti nel trovare le contromisure.

Punto secondo: quando Nadal cominciò a vincere sull'erba stava cominciando un periodo di deciso rallentamento dei campi dei Championships che sarebbe proseguito a lungo, fino all'altroieri. Ma oggi questo processo pare – i dubbi sono sempre leciti – ormai terminato e addirittura si fa largo l'ipotesi di un graduale ritorno all'erba che fu. Quindi, in definitiva, un po' più veloce. Nel caso si dovesse andare davvero in questa direzione, Alcaraz e il suo tennis si troverebbero con le armi inevitabilmente spuntate. O almeno, nella migliore delle ipotesi, lo spagnolo avrebbe davvero bisogno di cambiare parecchio per essere efficace in caso di campi decisamente più rapidi rispetto a quelli attuali. E allora le domande per lui e per lo staff sarebbero tante, su tutte una: vale la pena, per poche settimane all'anno, stravolgere un impianto che altrove funziona a meraviglia?

Siamo nel campo delle ipotesi, è quasi fantatennis, ma la ventata di energia che ha saputo portare Alcaraz ha stimolato paragoni e suggestioni. Quella dell'erba, in ogni caso, resta la sfida verità: se Carlos in futuro dimostrerà di poterla vincere, si garantirà quasi inevitabilmente la certezza di diventare un collezionista di Slam, perché a quel punto su altri terreni arriverebbe con un margine ancora più ampio sugli avversari. Se invece dovesse – a causa dell'erba – insinuarsi qualche dubbio nella testa dell'allievo di Juan Carlos Ferrero, allora i rivali potrebbero forse trarne vantaggio anche altrove. Il Queen's di questa settimana (dove di norma l'erba è veloce, più che a Wimbledon) ci darà una prima piccola risposta.


Non ci sono commenti