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Campioni internazionali

Addio ad Alex Olmedo, primo re latino a Wimbledon

Scomparso a 84 anni Alex Olmedo. Fu il primo sudamericano a conquistare i Championships. Nato in Perù, fu determinante per il successo degli USA in Coppa Davis nel 1958

di | 10 dicembre 2020

Arequipa, la seconda città più grande del Peru, vanta un centro storico patrimonio dell'umanità e un posto nella storia del tennis. Da qui, nel 1936, è iniziato il viaggio di Alex Olmedo, primo sudamericano campione di Wimbledon. Certo, nessuno se lo sarebbe aspettato quando a nove anni ha chiesto a suo padre di prestargli la sua racchetta.

In poco tempo, il campione che si sarebbe fatto conoscere come "Il Capo", questo il suo soprannome, si fa apprezzare al punto che un gruppo di finanziatori raccoglie 700 dollari con cui si mette in viaggio. Prende una nave fino all'Avana, poi da qui un aereo per Miami e infine un bus per Los Angeles. Lavora in un negozio di tennis, impara l'inglese alle scuole serali.

Riesce poi a iscriversi all'università, alla USC (University of South Carolina). Oltre a vincere due titoli NCA in singolare e altrettanti in doppio, incontra il coach che cambia il suo futuro. Si chiama Perry T. Jones. 

Allenatore della squadra del college, a settant'anni Jones viene scelto come capitano della nazionale USA in Coppa Davis. Jones convoca Olmedo, che essendo residente negli Stati Uniti da più di tre anni può giocare per gli USA. Peraltro, il Peru non ha una nazionale di Coppa Davis. Ma la scelta non piace affatto.

Arthur Dailey, editorialista del New York Times, descrive la decisione di Jones come uno dei giorni "più tristi nella storia del tennis americano". "L'enigma Olmedo" titola invece un lungo articolo firmato Bill Talbert, nove volte finalista agli US Championships, su Sports Illustrated il 7 settembre del 1959. Talbert si chiede se sia giusto convocarlo poiché Olmedo non ha richiesto la cittadinanza statunitense, secondo alcuni critici per non rischiare di essere sorteggiato per la leva nell'esercito. Molte le voci critiche che riporta la stampa dell'epoca, di chi crede che gli USA non dovrebbero abbassarsi a chiedere in prestito un giocatore di una piccola nazione come il Perù per vincere la Davis.

Però è grazie a quel giocatore che gli Stati Uniti hanno conquistato il titolo nel 1958 a Brisbane contro l'Australia. Olmedo ottiene tre punti: batte in singolare Malcolm Anderson, trascina Hamilton Richardson al successo in doppio, vince anche l'ultima sfida contro Ashley Cooper. Poi resta in Australia e vince i Championships del 1959 contro una delle leggende Aussies dell'epoca, Neale Fraser.

Con la sua ottima volée e il suo tennis d'attacco, preferiva giocare sulle superfici rapide. Sull'erba di Wimbledon quell'anno ha dato il meglio. Ha passato tre dei primi quattro turni senza cedere un set, ha superato il cileno Luis Ayala nei quarti, ha dominato in semifinale il numero 8 del mondo Roy Emerson e in finale Rod Laver, sconfitto 6-4, 6-3, 6-4. 

Finalista poi agli US Championships, Olmedo è un giocatore in ascesa. Eppure una sconfitta ai campionati nazionali su terra rischia di far precipitare tutto. Perde contro un avversario di basso profilo, la federazione minaccia di sospenderlo per aver mostrato scarso impegno. Due settimane dopo, l'Australia riscatta la sconfitta dell'anno prima e conquista la Davis. Olmedo, considerato numero 2 del mondo a fine anno, viene di nuovo preso di mira. 

"Avevo giocato in Inghilterra, non volevo tornare negli USA per un torneo su terra prima della Coppa Davis, avevo bisogno di riposarmi. Ma la federazione voleva fare soldi e mi ha costretto a tornare e a giocare" avrebbe poi ricordato.

Diventato professionista nel 1960, ha sfidato Pancho Gonzales, Ken Rosewall e Tony Trabert prima di abbandonare il tennis nel 1965. Ha continuato come maestro al Beverly Hills Hotel, insegnando dritto e rovescio a Katharine Hepburn, icona di Hollywood che dopo le lezioni gli raccontava della sua vita con Spencer Tracy. Ha aiutato l'attore Robert Duvall a migliorare il servizio e Chevy Chase con il dritto. "E' il primo e l'unico lavoro - diceva - che abbia mai avuto nella vita".


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