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Campioni internazionali

A Matteo piace vincere facile: è l’attitudine dei campioni - Highlights

L'azzurro conquista il prestigioso titolo ATP 500 del Queen's Club con una prestazione solida ma non eccezionale, basata sui suoi colpi forti, servizio e diritto: è la qualità dei campioni

di | 20 giugno 2021

Per matteo Berrettini, 25 anni, quellao al Queen's Club di Londra è il quinto titolo in carriera

Per Matteo Berrettini, 25 anni, quello al Queen's Club di Londra è il quinto titolo in carriera dopo Gstaad (2018), Stoccarda, Budapest (2019) e Belgrado (2021)

Servizio forte, molto forte, e ben piazzato. Se l’altro risponde, vai col diritto: forte, molto forte, e ben piazzato. La gran parte dei “quindici” si risolvono così quando alla battuta c’è Matteo Berrettini.

Succede un po’ su tutti i tipi di campi del mondo, terra battuta compresa. Figuriamoci sull’erba.

Il successo sui verdi prati del Queen’s Club è di prestigio assoluto e colloca il n.1 d’Italia, a soli 25 anni, già nella bacheca nobile del tennis, insieme ai Doherty e ai Tilden, ai Rosewall e Laver, McEnroe e Sampras. E Murray.

L’aspetto però più interessante di questa sua quinta vittoria da professionista è la modalità, per così dire, facile con cui l’ha ottenuta. Così come ottiene praticamente tutte le sue vittorie.

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La grande forza di Matteo, la prerogativa che ne fa uno dei grandi protagonisti del tennis odierno (e ragionevolmente dei prossimi 5/6 anni almeno) è che possiede soluzioni semplici ma di straordinaria efficacia; colpi che padroneggia con assoluta naturalezza, che gioca tutti i giorni con la sicurezza di un artigiano che ripete il suo gesto più tipico ma che per gli altri costituiscono problemi di complessità straordinaria, difficilissimi da risolvere.

Questa è la caratteristica di campioni. Non devono fare ogni giorno qualcosa di eccezionale (per loro) per vincere. La differenza con la gran massa degli avversari non si crea quando loro stanno sprintando: viaggiano a velocità di crociera.  

Un po’ come quando Novak Djokovic inchioda il suo antagonista sulla diagonale del rovescio e spinge profondo. Come quando Nadal piazza nell’angolo il suo dirittone uncinato carico di top spin.

Per loro è un gesto normale, come schiacciare l’acceleratore per aumentare la velocità in automobile; per gli altri, l’inizio di un incubo.

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Solo così però i campioni riescono ad arrivare lucidi, e al meglio delle loro possibilità, a giocarsi i grandi titoli: devono poter scavallare i primi turni senza dover combattere su ogni “quindici” sciorinando tutto il repertorio. Devono avere una “semplice” marcia in più che basta a fare la differenza fino a quando dall’altra parte della rete non si presenta un altro campione, un altro che, come loro, sa come vincere facile. Lì si vengono a creare le condizioni per partite e prestazioni davvero eccezionali.

Matteo Berrettini ha ancora tanti margini di miglioramento ma è in grado di arrivare a sollevare la grande coppa del Queen’s Club facendo semplicemente bene “il suo”, senza inutili stress, senza dover inventare nulla. Gli basta servire e tirare il diritto, con la lucidità che gli è consentita dal grande lavoro sul campo, in palestra e con il mental coach che c’è dietro al suo livello di top 10 e dalla chiarezza delle idee di persona intelligente e sensibile qual è.

Matteo Berrettini con il trofeo conquistato al Queen's (foto Getty Images)

E’ incredibile – ha commentato a caldo - vedere il mio nome tra questi nomi sulla coppa è un sogno che diventa realtà”.

E a chi gli faceva rimarcare il suo rendimento alla battuta ha commentato sorridendo: “Non conosco ancora quali siano stati i miei numeri al servizio ma so che sono buoni. Per vincere una finale così bisognava avere un buon rendimento”.

Wimbledon si avvicina. La fiducia è tanta, l'atteggiamento sempre quello di chi ha la testa sul collo e i piedi ben pinattai per terra. Come festeggerai? gli chiedono.

"Di questi tempi, room service e acqua minerale frizzante, mi sa". Sorride ancora e fa bene. Tempo per le altre bollicine ce n'è quanto ne vorrà.

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