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Campioni internazionali

Agassi, l’ultimo eroe americano

Tolte le 13 settimane al comando di Andy Roddick, l’ultimo ‘mostro’ a stelle e strisce con oltre 100 settimane in vetta al ranking Atp è stato Andre Agassi. È uno degli otto nella storia a vincere tutti i tornei del Grand Slam

di | 02 agosto 2019

“Devi vincere tanto per essere numero 1, devi cercare di essere al meglio”, diceva Andre Agassi agli Internazionali BNL d'Italia. Nel 2018 Roger Federer gli ha scippato il record di più anziano numero 1 del mondo da quando esiste il ranking computerizzato. Un traguardo che lui aveva raggiunto l'11 maggio 2003, a 33 anni e 13 giorni, e mantenuto per 14 settimane, superando così le 100 passate davanti a tutti in carriera.
Andre Agassi era già arrivato al n.1 del mondo il 10 aprile 1995, due settimane prima del 25° compleanno, dopo il primo trionfo all'Australian Open. È il 12° n.1 da quando esiste il ranking computerizzato, nel 1973. Dopo altre due settimane in vetta all'inizio del 1996, nel 1997 esce fuori dai 100, sprofondando al n.141. Tocca il fondo per ragioni personali e sportive ma risalirà e nel 1999 chiuderà la sua unica stagione in vetta. Trascorre 52 settimane in testa fino al settembre 2000 prima dell’impresa del 2003.

L’impresa del 2003

Fu un anno speciale quel 2003, per Agassi, che iniziò con l'ottavo e ultimo titolo dello Slam. In Australia lascia solo un set, contro il francese Escude al terzo turno, fino al trionfo sul tedesco Rainer Schuttler in una finale mai davvero iniziata. Era dal 1995 che non chiudeva un major con un percorso così netto, sicuro, dominante. “Come puoi non essere sorpreso se continui a vincere anno dopo anno? Vincere è una sensazione che mi ha travolto già dalla prima volta che l'ho sperimentata”. Negli Slam vincerà 19 partire su 22, raggiungerà la semifinale allo Us Open (dove però arriverà provato contro Juan Carlos Ferrero), i quarti al Roland Garros, per il terzo anno di fila, e gli ottavi a Wimbledon.

Ma è l'avvio della stagione a fare la differenza. A San Jose, nel primo torneo dopo Melbourne, salva un match point nei quarti contro il bielorusso Vladimir Voltchkov. Agassi vince il titolo per la quinta volta da quando l'evento si gioca in California (in finale sul nostro Davide Sanguinetti): è il 57mo titolo in carriera.


Riscrive la storia… da eroe

Si porta dietro un problema alla spalla, che lo induce a ritirarsi da Indian Wells. Si ripresenta in campo a Miami e scrive la storia. Vince il torneo per la sesta volta, una in più della moglie Steffi Graf. La forma diventa sostanza, in una finale mai davvero in discussione contro lo spagnolo Carlos Moya. “Mi sento bene, ho ancora molta voglia di giocare” commenta. “Non potrei essere più felice di come colpisco, mi piace quasi tutto quello che faccio in campo”.
Vince a Houston, ancora sul rosso, e si presenta a Wimbledon dopo la semifinale al Queen's. Confessa candidamente che Pete Sampras, ormai ritirato, non gli manca nemmeno un po', e torna su quel numero, su quell'uno che ancora rimane accanto al suo nome.

“Essere numero 1 a quest'età è un risultato fenomenale. Devi aver giocato molto e bene per 52 settimane per essere lì, e per me non è più così facile. Ora devo scegliere i tornei con molta più attenzione”.

Poi c'è Federer

Attenzione che lo porta a non giocare più dopo lo Us Open per due mesi, fino alla Tennis Masters Cup, che si gioca all'aperto sui campi duri di Houston. Nel round robin batte Ferrero e Nalbandian, elimina Schuettler in semifinale ma perde due volte, nel girone e in finale, contro l'uomo che due anni dopo contro di lui in finale agli Us Open porterà il tennis “in un luogo che non riconosco”, dirà Agassi nella sua autobiografia ‘Open’.

Il dominio di Roger Federer nel match che chiude il 2003 è totale. Chiude 6-3 6-0 6-4 in 88 minuti. Agassi si limita a 13 vincenti contro 39 e a un solo ace contro i 12 dello svizzero.

È un passaggio di consegne. Agassi è il più anziano qualificato al Masters dai tempi di Arthur Ashe nel 1978, e sarà il top 5 più agé a fine anno dal 1987, quando Jimmy Connors chiuse da numero 4.

È un segno dei tempi, la sua ultima stagione con più di un titolo all'attivo. Per essere numero 1 devi essere al meglio e a lungo. E per il “kid” ormai cresciuto sarebbe diventato sempre più difficile. Ma quell’impresa resta l’ultima da ricordare per il tennis statunitense.

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