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Campioni internazionali

Murray, la magia di un abbraccio

Lo scozzese vince il titolo in doppio al Queen's con Feliciano Lopez e fa commuovere tutti. "Sono orgoglioso che hai giocato con me e felice di rivederti in campo" gli dice lo spagnolo

di | 23 giugno 2019

Quando abbracciamo qualcuno in modo sincero, scrive Paulo Coelho, uno dei romanzieri più letti al mondo, guadagniamo un giorno di vita. Andy Murray, a cinque mesi dalle lacrime e dai dubbi dell'Australian Open forse ne ha guadagnati anche di più. Al primo torneo dopo l'operazione, vince il titolo al Queen's in doppio con Feliciano Lopez che lo stringe, commosso e felice. Lo spagnolo bissa il trionfo in singolare in una giornata di emozioni dolci come la nostalgia e di amori pubblici da celebrare. Insieme battono Rajeev Ram e Joe Salisbury, rivelazione della finale, 7-6 5-7 10-5 e si prendono la più sentita, sincera, convinta, standing ovation.

Si alzano tutti sull'ultimo servizio vincente dello scozzese. Tutto il suo angolo, da coach a Jamie Delgado alla moglie Kim Sears, si solleva all'unisono. Esulta anche mamma Judy, più dietro, in un elegante giacca rosa scuro. Murray non giocava un torneo di doppio da Indian Wells 2017. Era in coppia con Dan Evans, e al primo turno vinsero contro Marc e Feliciano Lopez, i campioni del Roland Garros 2016.

"Lopez è stato eccezionale, non c'è altro da dire. Ha vinto in singolare, è tornato in campo, e ancora alla fine del match ha messo in campo servizi e risposte davvero brillanti. Mi sono davvero divertito. Mi sentivo eilassato all'inizio della settimana, poi però il mio istinto competitivo è venuto fuori". ha detto Murray, che ha conquistato il suo terzo titolo in doppio. Aveva vinto solo con il fratello Jamie, a Valencia nel 2010 e Tokyo nel 2011. "La cosa importante è che non sento dolore" spiega a Sue Baker che lo intervista a bordo campo per la BBC. "Cercherò di migliorare, ma sono felice di essere in campo di nuovo.
E' felice anche Lopez, al quinto titolo di specialità. "Vincere singolo e doppio qui ti capita una volta nella vita. Sono felice che quest'uomo abbia deciso di giocare con me. Non so se sarò a Eastbourne la prossima settimana. Sono in tabellone ma potrei aver bisogno di un po' di riposo. Deciderò stasera dopo un buon bicchiere di vino" ha spiegato Lopez. 

Non c'è nessuno sul Centrale che possa dirsi scontento di rivedere in campo Andy Murray. Non lo sono nemmeno Ram e Salisbury, arrivati in finale dopo aver eliminato i gemelli Bryan. "Murray è un grande campione, è una fonte di ispirazione" ha detto lo statunitense, che ha vinto in carriera 18 titoli, compresi i Masters 1000 di Indian Wells 2017 (con Klaasen) e Bercy l'anno scorso (con Granollers). "E' la mia prima volta qui, è stata un'esperienza incredibile arrivare in finale e affrontare Murray in finale" commenta il britannico, numero 24 in doppio, che ha festeggiato l'anno scorso i suoi primi titoli ATP a Shenzhen (con McLachlan) e Vienna (con Neal Skupski).

Murray, che sarà a Eastbourne in coppia con Marcelo Melo, il giocatore più alto che sia mai arrivato al numero 1 del mondo, "è quello che è sempre stato: un avversario contro cui è meglio non giocare" commenta Andrew Castle che segue il torneo per la BBC. "Il suo tennis ha qualcosa di speciale, è grandioso poterlo ammirare ancora. L'aspetto chiave è il suo entusiasmo. Ha una voglia matta di essere là fuori, in campo, e si vede. Personalmente, non vedo ragioni per cui non possa tornare a giocare in singolare". Sarebbe però il primo a farlo dopo un'operazione di ricostruzione dell'anca come la sua. 

Murray è il primo a perdere il servizio, nel settimo game. Si esalta Salisbury con due risposte di dritto lungolinea. Numero 24 del mondo, fan del Fulham e di Roger Federer, il 27nne londinese si è formato all'Università di Memphis. Laureato in economia, ha praticamente smesso di giocare in quel periodo anche per colpa della mononucleosi e di altri infortuni. Appassionato giocatore di golf e di backgammon, con Ram ha già vinto un titolo quest'anno, a Dubai in finale su Ben McLachlan and Jan-Lennard Struff.

Semifinalista a Wimbledon l'anno scorso, Salisbury aveva alternato diversi partner di doppio nel 2018. "Non è facile" spiegava dopo la vittoria a Dubai, "perché non hai tempo di allenarti con il tuo compagno, di creare l'intesa che nasce quando giochi tante partite insieme. E' meglio cercare di mantenere lo stesso compagno di doppio per sei mesi, un anno. Certo, devi trovare qualcuno con cui ti trovi bene in campo e fuori, che abbia una mentalità simile alla tua".
Proprio con Salisbury al servizio per chiudere il set, nonostante Ram mostri un miglior riflesso di Lopez nel duello ravvicinato a rete sul 30-40, Murray carica la coppia in risposta e diventa un decisivo fattore per il controbreak del 5-5.

Lopez, provato dalle due partite e mezza di ieri e dalle due ore e mezza di finale vinta in singolare, fatica a nascondere una più che comprensibile stanchezza. E' più rigido, più volte ai cambi campo rimane in piedi, tenta qualche piccolo esercizio per sciogliere i muscoli delle gambe. Difficile aspettarsi fluidità e rapidità sulle palle basse da parte del secondo più anziano vincitore di un torneo ATP dal 1977.
Salisbury e Ram, invece, dimostrano che l'intesa funziona: notevole la copertura del campo e soprattutto della rete, ottima l'intesa già evidente dalla finale raggiunta a Brisbane a inizio stagione, al primo torneo insieme.

Murray, che curiosamente gioca a sinistra, serve e risponde meglio col rovescio anche in diagonale stretto. E' lui che carica ad ogni punto Lopez, su cui Ram invano indirizza l'ultimo attacco senza controllare la volée con la palla al corpo sull'ultimo punto. Lopez e Murray salvano due set point ma vincono il primo set 8-6.

Ram, alla 32ma finale in doppio, col servizio tiene su la coppia che cerca la 20ma vittoria in 31 partite. La stanchezza evidente di Lopez aumenta le responsabilità di Murray, che nel secondo set serve qualche seconda di troppo e nemmeno troppo robusta. Ma il livello di impegno che ci mette, il suono pulito della palla quando la impatta bene, comunque lasciano più di qualche motivo di ottimismo. La sua prima finale in doppio dal 2013 (perse in Canada con Fleming, contro Peya/Soares) resta sul filo dell'equilibrio. Poi Lopez sul set point mette larga una volée colpita con la testa sopra la rete e la rigidità di chi la prende un po' sotto gamba.

Lopez è nella situazione di Gianni Rivera che si fa sfilare la palla sotto l'anca durante Italia-Germania 4-3. Dopo quel gol, che vale il 3-3, sapeva di avere un solo modo per farsi perdonare: segnare la rete della vittoria. E andrà esattamente così. Lopez stampa due risposte decisive nel super-tiebreak, compresa quella di dritto per lui anomalo da destra: un lungolinea surreale che il pubblico applaude prima ancora di sentire il punteggio. Lopez per lunghi secondi rimane incredulo, voltato verso l'arbitro Lahyani, che scioglie la suspense: "9-4" annuncia. E con gli occhi sembra dirgli: "L'ho vista bene, è chiaramente buona, avevi dubbi?".

Sì, ne aveva. Come ne aveva Murray cinque mesi fa. Pensava che la commovente battaglia contro Roberto Bautista-Agut sarebbe stata la sua ultima partita. L'abbraccio finale con Lopez resta l'immagine della settimana. Un'immagine da staccare e conservare, da vedere e rivedere. Ad ogni difficoltà, ad ogni ostacolo, ad ogni salita nella strada verso la realizzazione di un sogno. Per ricordarci che niente è davvero impossibile.
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