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Campioni internazionali

Un po’ Roger, un po’ Borg: Stefanos é il nuovo mito

A Madrid in semifinale ci sono Djokovic e Nadal, n.1 e n.2, l’austriaco Thiem (grande specialista del ‘rosso’) e lui, Stefanos Tsitsipas, 20 anni, l’uomo nuovo del tennis mondiale. Che sta rubando ad Alexander Zverev il ruolo di principe dei Next Gen

di | 11 maggio 2019

Tsitsipas selfie con coanguro

Tsitsipas selfie con coanguro

 Bello, alto 1.93, altero, coi capelli lunghi e i boccoli, il pezzetto importante e il sorriso sardonico, Stefan Tsitsipas, sembra un dio greco. E’ un dio greco. Perché è nato a Vouliagmeni, alla periferia dell’Attica, il 12 agosto 1998. Figlio di Atene per parte di padre, Apostolos, un professiore di educazione fisica prestato al tennis, che lo segue nei tornei, ha i cromosomi dell’atleta da parte di mamma Julia, l’ex numero 1 del mondo juniores e poi top 200 del pro, Salnikova, figlia di Sergei Salnikov (1924-1984), star e manager del calcio sovietico negli anni ’60-’70. A tre anni aveva già la racchetta in mano, a nove, raccontano i biografi, svegliò il padre durante la notte, mentre era impegnato in torneo in Francia e gli annunciò. “Fra calcio e nuoto scelgo il tennis, amo la sfida e la gara”. E papà, facendo tanti sacrifici, l’ha sponsorizzato spedendolo alla scuola specializzata di Patrick Mouratoglou e sostenendo le prime, importanti, spese di un aspirante tennista professionista. Che ha vinto da subito, dal Bonfiglio ai Campionati Europei, conquistando il numero 1 del mondo di categoria, e ha continuato, spinto dall’orgoglio della sua piccola-grande Grecia.

Un po’ Federer, un po’ Borg

Rovescio a una mano, fendenti profondi da fondocampo, servizio e smorzate, Stefanos cerca la soluzione a rete più spesso degli altri Next Gen che hanno fatto passerella alle Final di Rho Fiera. E’ un misto fra la classe di Federer e il Borg prima maniera, divo delle teenagers. Modernissimo, con tante passioni social, amico twitter della collazionale Maria Sakkari come della giapponese Naomi Osaka, abilissimo col microfono e tv e fotografi e media in generale, con un suo canale YouTube che conta 140mila iscritti, Stefanos ha sempre un’ombra che gli attraversa il viso. In realtà, il carattere è molto più serioso di come voglia apparire. E la vita gli ha già insegnato di come tutta la nostra esistenza sia effimera.

Un tuffo da paura

Semplicemente, come ha rivelato lui stesso, nell’autunno 2015 a Hersonissos, in Grecia, dove disputava un torneo ITF, si buttò in mare insieme agli amici dopo una mattinata piena di corsa e allenamento, picchio subito una gamba contro una roccia, fu trascinato dalla corrente lontano dalla riva, fu sopraffatto dalla paura. “Lottavo contro le onde ma ero impotente, inoltre era impossibile nuotare verso la spiaggia. Sembrava che più lottavo meno possibilità avevo. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo affogare; riuscivo a respirare a malapena e non c’era nessuno che potesse aiutarmi, Non mi sono mai trovato così vicino alla morte. Non riuscivo a pensare a niente in quel momento, non c’era nulla nella mia mente. Mi sentivo perso. Ad un certo punto fu come se il tempo si fermò, non si muoveva più niente attorno a me. Ebbi un flashback di tutta la mia vita, dal primo giorno fino ad allora, vidi tutti i bei momenti trascorsi, per un secondo pensai addirittura di essere morto. Non l’augurerei nemmeno al mio peggior nemico… Poi, Vidi mio padre entrare in acqua, mi raggiunse, mi trascinò a riva, toccai finalmente qualcosa coi piedi, uno scoglio, e ricominciai a respirare. Papà fu un vero e proprio eroe, salvò anche i miei amici. Quel giorno, rimasi mezz’oretta sulla spiaggia per realizzare quanto fosse successo. Da allora ho visto la vita con una prospettiva diversa. Mi sono detto: “Dopo questo non puoi più avere paura, il peggio è passato”. Ho iniziato a sentirmi pronto per affrontare qualsiasi cosa”.

Tsitsipas saluta

Figurarsi che paura può fargli una partita di tennis, che sia contro Alexander Zverev come ieri o contro Nadal come oggi. E che grinta ha avuto nell’affrontare la dura trafila che gli ha proposto papà: niente wild card, niente aiutini, ma la lunga trafila dai tornei minori fino in cima, per costruirsi solide basi. Così la scalata è diventata un bolero esaltante, inarrestabile. Prima vittoria contro un top ten, prima finale ATP, prima finale Masters 1000 best ranking fissato al numero 15 e poi all’8, l’1 aprile di quest’anno (ora è 9), dopo la prima semifinale Slam agli Australian Open di gennaio. “Sai quant’è stato importante vincere il Challenger di Genova 2017? Mi ha dato un’enorme consapevolezza dei miei mezzi. Ho imparato a ogni partita, a conoscere i miei avversari e i miei limiti. Passare le prime qualificazioni dei tornei Atp Tour è stato un altro scoglio fondamentale. E poi, dopo la transizione tra i due circuiti, sono rimasto affamato, concentrato e motivato”.

“Sono un tennista aggressivo”

Sognando l’erba di Wimbledon, come il suo idolo Federer, Stefanos s’è accorto all’improvviso di giocar bene, naturalmente con quei colpi pesanti ed offensivi, sul duro, ma anche sulla terra rossa. “E’ vero, mi trovo bene su tutte le superfici”. E ha trovato dentro di se tante qualità: “Entrambi i miei genitori sono allenatori, io sono cresciuto gironzolando per i campi, giocando sempre a tennis. Ho avuto un aiuto con la tecnica, ma anche su come si lavora per diventare un professionista, come si viaggia e si vive il circuito”. Eppoi ci sono anche i fratelli, Petros, Pavlos ed Elisavet, tutti tennisti, che sognano di imitarlo. E c’è la sua personalità versatile e curiosa. Scatta molto foto, con la sua macchina professionale: “Passo ore a editare le foto, poi le vendo sulla piattaforma EyeEm, ma soprattutto mi confronto con altri fotografi”. Oppure le usa per raccontare di sé quando scappa dalla pazza folla, come dopo il trittico sul cemento Usa, quand’era un po’ bruciato dal troppo tennis. Che è: "Il mio lavoro, quello per cui mi pagano: lo adoro, mi piace colpire una palla gialla tutti i giorni della mia vita. L’ho deciso io e non mi posso certo pentire della scelta». Il tennis che finalmente lo premia. “Mentalmente sono migliorato tanto: gioco ogni scambio come fosse l’ultimo e anche quando le cose non vanno come vorrei, continuo a lottare in modo positivo.  Prima perdevo fiducia e cominciavo a sbagliare tanto, adesso cerco una soluzione al problema. Sono un tennista aggressivo, non mi piace subire, tengo sempre il piede premuto sull’acceleratore».

   Così facendo, ha vinto tre titoli Atp (due sul cemento, uno sulla terra, l’anno scorso all’Estoril) e già 5 milioni di dollari di soli premi. Ed è il primo vero dio greco del tennis, dopo quelli a metà, Pete Sampras e Mark Philippoussis. Insieme a Shapovalov è la fantasia nel tennis, il futuro che fa sorridere, dopo i Fab Four.

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