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Campioni internazionali

Kiki vola nella storia

La Bertens vincendo Madrid riporta un grande titolo al tennis femminile olandese dopo quasi 100 anni. E sale al n. 4 del mondo, un record. A 27 anni ha superato tanti dubbi e fragilità, compresa la paura per un tumore (benigno) alla tiroide

di | 12 maggio 2019

Kiki Bertens trofeo Madrid

La gratitudine non è di questo mondo. Al Masters - ufficialmente Wta Finals - di ottobre, Kiki Bertens s’era qualificata solo grazie alla rinuncia di Simona Halep. E poi era arrivata anche in semifinale, battendo Angelique Kerber e Naomi Osaka (che si ritirò dopo un set). Ma, a Madrid, l’olandese non ha di certo restituito il favore alla rumena, lasciandole via libera verso la riconquista del numero 1 del mondo. Anzi, ha coronato il torneo diventando la prima che lo firma senza cedere alcun set ma soprattutto riscrivendo la storia tennistica del suo paese.  Perché era quasi un secolo che l’Olanda attendeva un titolo così importante, appena un gradino inferiore ai quattro Slam, e quindi al Roland Garros che Kea Bouman si aggiudicò nel 1927. Ed il record della miglior classifica mondiale di una tennista dei Paesi Bassi apparteneva a Betty Stove, numero 5 del mondo all’indomani della finale di Wimbledon 1977, mentre la  biondissima Kiki salirà al n.4.

Si è fatta le ossa in doppio - Il segreto della potente 27enne di Wateringen che ha cominciato a giocare a tennis a 6 anni e idolatrava la belga Kim Cljisters? Forse il doppio col quale si è fatta le ossa aggiudicandosi dieci titoli Wta insieme alla svedese Johanna Larson e arrivando in finale al Masters di specialità 2017. Forse coach Raemon Sluiter, l’ex pro  che l’ha fatta ragionare, “parlandole schiettamente in faccia”, in quel famoso 2017, quando voleva addirittura ritirarsi. E non per mancanza di risultati, al contrario, per eccesso, poiché ne aveva firmati due: Gstaad e Norimberga.

“Non stavo bene, mi sono chiesta: “Ma io che cosa voglio veramente? Mi sono risposto che non sono i titoli dei tornei a dare la felicità. Almeno a me non fanno star bene. Certo, sono positivi perché migliorano la classifica, ma non voglio più sentirmi come allora”. 

Ha battuto un tumore

Chi poteva aiutarla se non una persona che aveva sofferto come Sluiter, al punto di cadere per quattro anni in depressione per via del distacco dall’agonismo e della contemporanea scomparsa della nonna e di una nipotina, per un tumore. E il tecnico è ben contento che l’olandesina abbia trovato a sua volta la chiave per prendere le cose con più leggerezza e concentrazione, e risolvere i problemi. 

“Lo yoga mi aiuta a tenere e bada i nervi  e a restar calma”, racconta Kiki. Rivelando soltanto dopo quindici anni che l’amico segreto è arrivato dopo la paura del 2014, quando,  durante il torneo di Miami, si è sottoposta a un controllo di routine, da un medico WTA, ed ha riscontrato uno strano rigonfiamento al collo. La diagnosi di un tumore alla tiroide l’ha fortemente scoraggiata, almeno fino agli ulteriori test per capire se fosse benigno o maligno. Fino al verdetto favorevole effettuato negli Stati Uniti.  E alla ripartenza.

Oltre il muro della Halep

Restar calmi, contro quel muro di Simona Halep, non è facile. Così come non era facile dimenticare la delusione della finale di dodici mesi fa a Madrid, persa contro Petra  Kvitova. Ma l’olandese ha confermato tutte le belle cose messe in mostra quest’anno, dalle semifinali di Sydney al successo di San Pietroburgo a quelle di Stoccarda. E ha superato Halep per la terza volta, le ultime due consecutive, cominciando la marcia su Roma. Dove si presenta fra le favorite al titolo.

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