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Sinner racconta tutto ai SuperTennis Awards: il padre, Djokovic, Berrettini e la Davis

Lunga intervista a Jannik Sinner durante la cerimonia dei SuperTennis Awards

04 dicembre 2023

Jannik Sinner intervistato da Max Giusti ai SuperTennis Awards (Foto Sposito/FITP)

Jannik Sinner intervistato da Max Giusti ai SuperTennis Awards (Foto Sposito/FITP)

Premiato come miglior giocatore dell'anno ai SuperTennis Awards, gli Oscar del tennis italiano assegnati a Milano, Jannik Sinner ha accettato di rispondere a una lunga intervista di Max Giusti in veste di mattatore di un late show all'americana, con tanto di tavolo e tazza comparsi sul palco del SuperStudio. L'altoatesino ha spaziato dal rapporto con il padre, "ha cucinato per 40 anni: lo vedevo un po' giù e ho provato a tirarlo fuori da quella situazione facendolo viaggiare con me", e quello con Matteo Berrettini. Dal trionfo speciale in Coppa Davis all'analisi delle vittorie contro Novak Djokovic.Lorem ipsum

Avevi mai sentito cori da stadio per giocatore di tennis?
Non ancora, è stata un'emozione molto bella. Senti la connessione col pubblico, che forse è la cosa più bella. A Torino mi hanno fatto sentire davvero a casa.

Secondo te cosa ti ha fatto cambiare marcia in stagione?
Non so, credo che quando fai tanti risultati di fila a fine anno vuol dire che prima hai lavorato tanto. E prima non sono uno o due mesi, ma quasi un anno. Abbiamo girato tanto, devi essere anche fisicamente preparato. Il lavoro, la voglia di mia di lavorare tanto e il team formano una combinazione di successo.

Grande team, grande investimento, a un certo punto della stagione è arrivato tuo papà: che ruolo ha avuto?
Spadella bene, più che altro da quando sono andato via da casa non ho avuto tanto tempo con i miei genitori. Forse mi godo molto più ora quando c'è, in tornei in cui abbiamo una casa come Indian Wells, per passare del tempo con lui.

Quando è iniziata questa scelta, ti è sembrato come far ripartire un rapporto?
Lui è sempre stato uno che lavorava tanto, però negli ultimi due anni ho visto che era un po' giù. Era in cucina da 40 anni, lo volevo tirare un po' fuori da quella situazione. Questo gli ha permesso di tirarsi su, e di vedere anche un po' come vivo io.

Lo spettacolare punto che hai vinto a Miami con Alcaraz ha cambiato qualcosa per te?
Ho perso il game... Quando fai questi punti non ti rendi neanche conto quanto fosse bello. Ma dopo la partita non si parlava più della vittoria di Alcaraz ma di questo punto, e questo ti fa capire che bel punto hai fatto.

Poi c'è stata la prima vittoria in un Masters 1000.
E' stato un momento chiave per me di questa stagione. Ho fatto ottimi risultati a inizio anno, sentivo che ero tanto vicino ma non riuscivo a vincere il primo Masters 1000. Ho perso due finali a Miami, poi quando vinci il primo titolo significa tanto per una carriera. Non ci siamo accontentati, però, abbiamo continuato a lavorare e questo ci ha fatto fare un gran finale di stagione.

Poi le prime due vittorie su Medvedev a Pechino e Vienna, dove hai battuto anche Tiafoe che, per dirla alla romana, l'ha un po' "buttata in caciara".
Alla fine era colpa mia quando ci ho perso due anni fa. Ho servito per il match, preso il break poi nel terzo è andato via facile. Lui è stato molto furbo, lì per lì non me ne sono nemmeno reso conto. Quest'anno il mio team mi ha aiutato a capire che devo migliorare non tanto sulla tattica, ma sull'affrontare le partite con la mia testa, riprendere la concentrazione subito quando la perdo.

Poi ci sono state le Finals, in cui hai battuto il numero 1 del mondo Novak Djokovic
La prima è diversa, speciale. Davvero bello farlo lì in casa, con il pubblico italiano. La seconda è una vittoria figlia della tanta voglia di vincere la Coppa Davis. Sapevamo che era un anno importante, la Spagna non c'era, la Russia non poteva giocare. Quando ero sotto tre mp con palle abbastanza nuove sapevo che avrei potuto avere una chance. Eravamo in lotta dal girone di Bologna, con tanta fatica a Malaga ci siamo qualificati per la semifinale e la finale, poi in finale è andata via facile.

Hai iniziato fin da ragazzino a viaggiare, a sognare di vincere. A essere solo, comunque. Quando però fai squadra che sensazione è?
E' molto bello, non l'abbiamo quasi mei. Vedere i giocatori in panchina quando stai giocando, chiedere a Berrettini o ad altri il loro punto di vista da giocatore è bello. Vincere così una Davis è speciale. Ci tengo a dire che vedere Matteo lì è stato molto bello. Non è dentro col suo nome sulla coppa, ma se in qualche modo si potesse fare tutti noi vorrebbero che ci fosse.

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