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Montecarlo, terra di teste coronate che cadono e di vichinghi…

Per il quinto anno, dopo la dominazione di re Nadal, i primi due del tabellone non arrivano in finale. E il torneo diventa il refugium peccatorum dei talenti bocciati alla tavola dei più grandi

di | 14 aprile 2024

Casper Ruud batte Novak Djokovic a Monte-Carlo, la stretta di mano (Getty Images)

Casper Ruud batte Novak Djokovic a Monte-Carlo, la stretta di mano (Getty Images)

I vichinghi nelle loro razzie arrivarono pure in Africa e in Italia, soltanto adesso fanno capolino anche in Costa Azzurra col norvegese Casper Ruud e il danese Holger Rune, fra i protagonisti del Masters 1000 di Montecarlo. Un torneo regale che però da cinque edizioni, dopo il dominio di Rafa Nadal, con 11 titoli in 14 anni, ha una finale senza le prime due teste di serie.

Del resto l’appuntamento di grande tradizione che si disputa dal 1897 e vanta un albo d’oro davvero nobile, con tutti i più grandi nomi del tennis, è anche l’unico 1000 in cui i top 10 non sono costretti a partecipare senza lo zero in pagella e quindi una penalizzazione in classifica. Perché non c’è lo spazio sufficiente per garantire le condizioni degli altri super-tornei, secondi solo agli Slam come numero di partecipanti (donne incluse), campi, e premi. 

Altre particolarità? L’attrattiva turistica, la bellezza unica del Country Club, la tradizione del torneo, la residenza fiscale di molti dei protagonisti del Tour e l’etichetta di “ouverture” della stagione europea sulla terra battuta fanno sì che la griglia di partenza sia sempre ben nutrita. Anche se pochi, venendo da tre mesi sulle superfici dure, sono già pronti per la nuova avventura sull’infido rosso, più lento,   faticoso e incostante nei rimbalzi e meno schiavo del servizio. Almeno di quello di potenza.

CADONO LE TESTE

Così si spiegano tante sorprese, con tutto il rispetto, negli ultimi anni. Tsitsipas e Ruud, coetanei 25enni, sono dal 2020 al vertice fra i più vincenti della terra rossa con Casper primo come finali (14) e titoli (9). Il dio greco Stefanos Tsitsipas, ha già trionfato due volte in tre finali a Monaco, è arrivato anche al numero 3 del mondo, ma finora ha sempre sbattuto la faccia contro la porta dello Slam e contro i più forti, a cominciare da re Djokovic.

E il più forte tennista danese di Norvegia che riprende le fila del mitico tennis svedese apripista del tennis come anche del golf fra i paesi scandinavi - e quindi degli antichi vichinghi -, merita sempre mille elogi per dedizione e professionalità, per capacità di migliorarsi continuamente (adesso anche al servizio), ma obiettivamente non è un campione con la C maiuscola.

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 O almeno, pur arrivando anche al numero 2 della classifica al culmine della memorabile stagione 2022, con due finali Slam e anche al Masters, pur bissando quella sull’amata terra del Roland Garros l’anno scorso a Parigi, malgrado sforzi disumani, entra ed esce di top 10. Lo stesso vale, almeno oggi, per l’altro vichingo, Holger Rune che la finale nel torneo del Principato l’ha giocata 12 mesi fa, perdendola contro Rublev. E comunque anche lui non ancora protagonista stabile al vertice come risultati e come classifica. Così come il russo che lo aveva battuto. Anzi, mentre per il 20enne Holger il futuro è roseo, anche dopo questa nuova impennata di Montecarlo, per cavallo pazzo Andrej dai nervi instabili il successo dell’ultima edizione resta l’acme di una curriculum che, negli Slam, si ferma al massimo ai quarti. A dispetto delle grandi promesse da junior.

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Favorito dalle circostanze anche il talento di Alejandro Davidovich Fokina ha avuto modo di brillare al Country Club, con la finale 2022, ma poi più. Per i limiti di gestione della tensione dello spagnolo, ancora incapace di aggiudicarsi un titolo di singolare e sfatare il tabù top 20.

Del resto solo sul famoso mare della Costa Azzurra, così prossimo alla sua Liguria, Fabio Fognini è riuscito a incoronarsi campione di un Masters 1000 dopo aver dimostrato al mondo le sue immense qualità, battendo tutti i più forti. A cominciare dal re del rosso, Rafa Nadal.  Proprio in quell’indimenticabile 2019 “Fogna” s’è finalmente seduto alla tavola dei top 10, che meritava da tempo, ma quella di Montecarlo reta la sua unica impresa di altissimo livello. 

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