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Antidoping, Mikael Ymer: "Decisione e pena sproporzionati, ero dove dovevo essere"

Lo svedese n.51 del mondo torna a parlare della sospensione inflittagli dall'ITF per aver saltato il terzo controllo antidoping negli ultimi 12 mesi

26 luglio 2023

Mikael Ymer (Getty)

Mikael Ymer (Getty)

Dopo la sospensione di 18 mesi comminatagli lo scorso 18 luglio per aver saltato tre test antidoping nell'arco di 12 mesi, lo svedese Mikael Ymer dal suo account ufficiale Twitter, è tornato a parlare dando la ua versione dei fatti in merito al terzo controllo da lui evaso, decisivo ai fini della sospensione. Giudicato innnocente da un tribunale indipendente, la decisione è stata impugnata dall'ITF e lo svedese n.51 del mondo è stato così condannato a una sospensione di un anno e mezzo.

Ymer racconta che in quei giorni si trovava in Francia, a Roanne, per disputare un Challenger, e che nonostante avesse prenotato un hotel per la sua permanenza la sua prenotazione era stata poi dirottata su un'altra struttura distante 8 minuti dall'hotel inizialmente preventivato.

Il mattino seguente un membro della WADA si è presentato in questa prima struttura nell'ora indicata dallo stesso Ymer (tra le 6 e le 7). Ricevuta la telefonata alle 6.55 e immaginando si trattasse di una chiamata anonima, Ymer ha spiegato di non aver intenzionalmente risposto al trillo del telefono anche perchè, in ogni caso, sarebbe stato comunque troppo tardi per lui per recarsi entro l'orario pattutio nella struttura indicata preventivamente. 

"Ero esattamente nel luogo stabilito e nell'orario concordato, per questo giudico il comportamento dell'ITF davvero deludente, un'offesa - si legge nel tweet da lui pubblicato - che non ha nulla a che vedere con i comportamenti inappropriati che mi si imputano e sui quali già si era espresso un primo tribunale".

"Comprendo, da atleta professionista quale sono, di godere di alcuni privilegi da cui provengono anche responsabilità, e le accetto completamente. Ma dal mio punto di vista non c'era nulla che potessimo fare, io e il mio team, per far fronte a questo equivico. [...] Mi sembra di vivere un sogno orribile e non credo sia stata fatta giustizia, né per la decisone presa né tantomeno per la pena comminata che mi pare completamente sproporzionata rispetto a quelle comminate negli anni scorsi".


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