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Verso Torino: 1983, le stelle sono Noah, McEnroe e l'eterno Connors

Yannick Noah infiamma i parigini conquistando il Roland Garros, John McEnroe si riprende il titolo di Wimbledon e Jimmy Connors vince per la quinta volta l'Open degli Stati Uniti.

di | 15 ottobre 2023

Yannick Noah

C'è molta attesa per l'inizio della nuova stagione che ormai dal 1978 dedica il primo mese a chiudere i conti con l'anno vecchio. Il Masters del Grand Prix, collocato nella terza settimana di gennaio, è molto atteso per la nuova formula e per le annunciate dichiarazioni di Borg che dovrebbe riprendere l'attività a pieno regime. Invece il primo Masters della storia a eliminazione diretta, con i primi 12 della classifica del Grand Prix, è piatto e monotono: nelle prime due giornate gli spalti del Madison sono per metà vuoti. Tutti i match dai quarti in avanti si concludono in due set e la finale, al meglio dei cinque, è un monologo di Lendl che batte McEnroe per 6-4 6-4 6-2.
I ricami di SuperMac non trovano respiro nel preciso e costante bombardamento di Ivan il Terribile. E poi ci si mette anche Borg che spiazza i romantici annunciando il ritiro definitivo: lo svedese si cancella da tutti i tornei con la sola eccezione della prova di casa in quel di Monte Carlo. E' la fine di un'epoca che in realtà si era già chiusa nell'autunno del 1981.
Nel classico appuntamento di Philadelphia, un torneo ricchissimo gestito alla perfezione dai coniugi Marylin e Edward Fernbeger, McEnroe si libera di un peso insopportabile e cioè interrompere la striscia di sette sconfitte di fila contro Lendl. Ci riesce in quattro set ed è la prima volta che accade dai quarti dell'US Open 1980. Il 20 marzo Vilas gioca a Rotterdam, perdendo contro Gene Mayer, la centesima finale della carriera. Ma gli costa caro perché l'argentino viene colto in flagrante mentre riceve 60 mila dollari di sottobanco che gli elargiscono gli organizzatori del torneo olandese. Per lui scatta multa e squalifica. Non se la passa bene nemmeno Vitas Gerulaitis che è nei guai con il procuratore distrettuale di Manhattan per questioni legate all'uso personale di cocaina. Ma viene scagionato.
Lendl intanto sbanca Milano sul bombardiere Kevin Curran, ma gli occhi di cronisti e fotografi sono tutti concentrati sul Country Club di Monte Carlo dove sua Maestà Borg gioca l'ultimo torneo della carriera. L'Orso, in gara con una wild card, passa il primo turno tra lo stupore generale ipnotizzando Clerc (6-1 6-3), ma il 31 marzo, contro il talentuoso mancino Henri Leconte, Borg si arrende al tie-break decisivo: la specialità della casa - ovvero il passante di rovescio - esce in corridoio ed è la fine. Borg diluisce l'addio definitivo in uno stillicidio di esibizioni, con una presenza al torneo di Stoccarda 1984 prima del triste ritorno nei primi anni 90.

Il torneo di Monte Carlo va comunque al suo erede più naturale, quel Mats Wilander, che dimostra di possedere, quantomeno, la sua incalcolabile freddezza. Le finali di Dallas invece fanno ritornare alla memoria il duello del 1972 tra Ken Rosewall e Rod Laver. Questa volta lo spettacolo è assicurato da McEnroe e Lendl, che hanno due stili di gioco completamente differenti, e da un punteggio serratissimo: Lendl tenta la fuga andando avanti di due break (3-0 pesante) a inizio di terzo set, ma McEnroe reagisce con un filotto di sei game, cede di misura il tie-break del quarto, ma domina quello del quinto con un eloquente 7-0.
Senza più un vero padrone del rosso, sono in molti a prendersi gli spazi lasciati vuoti da Wilander, Lendl e compagnia bella. Dall'asilo del guru Nick Bollettieri esce fuori a sorpresa l'adolescente Jimmy Arias che si fa notare in Italia a forza di dritti vincendo a Firenze e Palermo, ma soprattutto al Foro Italico. Gli Internazionali toccano il fondo: ci sono appena mille spettatori il giorno della finale tra Arias e il pedalatore spagnolo Josè Higueras. Di punti vincenti se ne contano pochissimi, di applausi ancora meno.
A Parigi l'aria è magica; a scaldare i cuori dei francesi ci pensa Yannick Noah, un ragazzone di colore di 23 anni, cresciuto in Camerun, dal tennis brillante, tutto votato all'attacco, ma con un dritto poco penetrante. Ai quarti di finale ci arriva in carrozza, come tutte le prime otto teste di serie ad eccezione di Clerc, messo fuori al secondo turno dallo spagnolo Fernando Luna.
Dopo i quarti, l'impresa di riportare un francese sul trono del Roland Garros 37 anni dopo Marcel Bernard (nel 1946 in finale su Drobny), sembra possibile. A uscire, in successione, sono le prime quattro teste di serie. Noah schianta 6-0 al quarto un Lendl che ancora soffre i grandi tornei e la personalità degli avversari; il connazionale Christophe Roger Vasselin gli toglie di torno Jimmy Connors in tre set. Ma non è finita: Vilas perde dal più tenero Higueras e Wilander rispedisce a casa McEnroe. Le semifinali rispecchiano le previsioni e per la finale si qualificano Noah e Wilander. Lo svedese è meno preciso del solito e Noah ci va a nozze, aggredendolo su ogni palla fino alla resa incondizionata in tre set.

Connors si ricarica vincendo il Queen's con un doppio 6-3 stampato in faccia all'odiato McEnroe, ma a Wimbledon sarà un'altra storia. SuperMac torna re dei Championships: corre filato saltando con rapidità tutti gli ostacoli possibili cedendo un set solo nel secondo turno al rumeno Segarceanu. Connors cade negli ottavi sotto i 33 ace di Kevin Curren, che poi perde in semifinale dal neozelandese Chris Lewis. Per McEnroe è un gioco da ragazzi liberarsi in semifinale di Lendl, sempre poco incline ai rimbalzi su erba, e in finale, con un triplo 6-2, di Lewis, primo giocatore dell'Era Open a raggiungere la finale a Wimbledon senza essere testa di serie. Dopo Wimbledon c'è il canto del cigno di Panatta e Bertolucci che al Foro Italico giocano per l'ultima volta in Davis. Neppure la verve di Barazzutti impedisce agli azzurri di rimediare un sonoro cappotto, il primo in casa da quello subito contro la Germania di Von Cramm nel 1932.
L'Open degli Stati Uniti ha come sempre tre grandi favoriti: il numero 1 del mondo McEnroe, il campione in carica Connors e lo scalpitante Lendl. Questa volta a lasciarci le penne, sul finire della prima settimana, è McEnroe, preso alla sprovvista dal tennis eclettico di Bill Scanlon. Lendl e Connors non falliscono il traguardo e giungono puntuali alla ripetizione della finale dell'anno precedente. I nove anni in meno rendono Lendl il logico favorito. E' così fino al set point che potrebbe portare Lendl avanti 2 set a 1. Ma il ceco commette un doppio fallo, va in blackout e Connors vince per la quinta volta l'Open degli Stati Uniti conquistando gli ultimi 9 game dell'incontro. E' il suo centesimo torneo vinto, un traguardo che solo Federer, nel millennio successivo, è in grado di eguagliare.
Il 16 ottobre Aaron Krickstein, a soli 16 anni e 2 mesi, vince il torneo di Tel Aviv diventando il più giovane campione della storia. I riflettori però sono sempre tutte per Lendl, Wilander e McEnroe, ovvero i tennisti più caldi e in forma dell'ultimo segmento della stagione: McEnroe vince a Sydney, Lendl a Tokyo e Wilander a Stoccolma. L'Open d'Australia è alle porte con tre grosse novità: uomini e donne in gara insieme, un montepremi all'altezza (un milione di dollari) e tre big in gara come non accadeva da quasi un decennio: ci sono Lendl e McEnroe e all'ultimo momento, per preparare la finale di Davis di Melbourne, si accoda anche Wilander che riceve una wild card. Il campo dimostra che Lendl digerisce l'erba, che McEnroe è il favorito e che Wilander ha adattabilità alla superficie che nessuno gli immagina. L'epilogo è a sorpresa: Lendl raggiunge la sua terza finale Slam mentre Wilander batte in semifinale un McEnroe che prende la sfida troppo alla leggera. Ma non è finita; il nuovo re di Kooyong è lo svedese che impartisce una lezione di tennis a Lendl, ma che su quello stesso campo perde, nel week end dopo Natale, la finale di Davis che manda in paradiso gli aussie Pat Cash, John Fitzgerald, Mark Edmondson e Paul McNamee.

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