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Jimmy Connors batte John McEnroe nella finale di Wimbledon e Ivan Lendl in quella dell'Open degli Stati Uniti. Il primo Slam della stagione, il Roland Garros, finisce al 17enne svedese Mats Wilander.
di Luca Marianantoni | 14 ottobre 2023
Così venerdì 2 aprile, alle ore 12.34, sul centrale di Monte Carlo, Bjorn Borg gioca il primo punto del primo turno delle qualificazioni contro Paolo Bertolucci. Dopo cinque mesi abbondanti dal 6-3 6-1 rimediato a Tokyo da Tim Gullikson, lo svedese riprende le fila del discorso superando l'italiano per 7-5 6-0, poi doppio 6-0 a Ostoja e 6-3 6-1 ad Arraya. Nel tabellone principale batte Fernando Luna 6-4 6-3, Adriano Panatta 6-2 3-6 6-4, ma è irriconoscibile nel quarto di finale che perde malamente per 6-1 6-2 contro Yannick Noah. Due giorni dopo è Grace Kelly, e non Carolina di Monaco, a premiare il vincitore, Guillermo Vilas (a febbraio campione per l'ottava volta nella sua Buenos Aires) che batte in tre set un Ivan Lendl già esausto da un inizio di stagione senza sosta.
Se la situazione non cambia, non è concepibile che un campione come Borg debba giocare 10 partite per vincere il Roland Garros e altrettante per Wimbledon. L'imbarazzo stesso in cui navigano gli organizzatori dei due tornei si ingigantisce ancor di più quando Borg, due settimane dopo Monte Carlo, perde al secondo turno delle qualificazioni di Las Vegas da Dick Stockton. La situazione non cambia e Borg, per togliere tutti dalla graticola, annuncia che per lui, esibizioni escluse, la stagione dei tornei finisce qui.
Firenze fa tornare il sorriso a Gerulaitis e il Foro Italico, che vive gli anni più bui della storia, si consola lanciando in orbita il talento, ma anche la pigrizia, dell'ecuadoriano Andres Gomez, facile vittorioso in tre set in finale sull'americano Eliot Teltscher.
A Parigi c'è chi piange per l'assenza di Borg, ma come per magia dal cilindro del Roland Garros esce fuori il 17enne Mats Wilander che toglie di colpo la malinconia a tutti gli svedesi diventando il più giovane campione Slam della storia. Lo scandinavo, numero 18 del mondo e mai a segno in un torneo, sbaraglia il campo eliminando le teste di serie numero 2, 3, 4 e 5. Il più difficile da arginare è Lendl che non perde prima della finale da 18 tornei di fila (dall'US Open dell'anno prima); ma Wilander sa come fare, lo imbriglia in cinque set in quella che diventa la prima sfida di una lunghissima serie.
Poi è la volta di Gerulaitis e in semifinale di Clerc; sul match point l'argentino protesta anche dopo il "jeux, set, match" di Jacques Dorfmann e allora Wilander, che non vuole vincere con una palla dubbia, concede a Clerc di rigiocare il punto. In finale Vilas arriva alla palla per salire 2 set a zero, ma Wilander, che di anni ne ha 13 in meno, vince in rimonta in 4 ore e 42 minuti. A premiarlo ci pensano Jean Borotra e Philippe Chatrier, il primo è uno dei leggendari "Quattro Moschettieri", il secondo è il presidente della federazione francese e internazionale.
Ma il clou della stagione deve ancora venire. A Wimbledon c'è un superfavorito, McEnroe, che approda in scioltezza in finale lasciando un set per strada nei quarti a Johan Kriek. Lo sfidante è Connors, testa di serie numero 2, facilitato da un tabellone niente male che gli propone Gene Mayer nei quarti a Mark Edmondson in semifinale. La finale, la prima della storia di Wimbledon giocata di domenica (le televisioni americane hanno finalmente vinto la battaglia con il club) non è indimenticabile, ma molto serrata e incerta. McEnroe arriva al tie-break del quarto avanti due set a uno; concretizza il mini break che lo manda avanti 3-2. Ma Jimbo risorge, arriva a tre punti dalla sconfitta, poi si scatena, vince il tie-break e, una volta girata l'inerzia della partita, la conduce in porto senza ulteriori tentennamenti. Tra la stretta di mano con Mac e l'inchino al duca di Kent, Jimbo con l'indice della mano chiama in campo la bellissima moglie Patti McGuire, incredula di vedere il suo eroe rivincere Wimbledon.
Passano due mesi e Connors, a quattro anni dall'ultimo successo, si riprende anche l'Open degli Stati Uniti con quell'arroganza agonistica che da sempre contraddistingue ogni sua vittoria. In semifinale ci sono le prime quattro teste di serie. Lendl mette con le spalle al muro McEnroe, ormai diventato impotente contro il ceco, Connors invece impiega quattro set per arginare Vilas. A decidere la finale in favore di Jimbo è la sua arma migliore, ovvero la risposta, che manda in crisi un Lendl privo di forza d'animo. Per Connors è il settimo Slam, per Lendl la seconda grande finale perduta.
Kriek e Denton si contendono nuovamente l'Open d'Australia che va ancora al sudafricano (questa volta in tre set), McEnroe vendica l'annataccia riportando gli americani al successo in coppa Davis. Ma più della finale vinta a Grenoble (terra rossa al coperto) contro Noah (piegato in 4 ore e 21 minuti da McEnroe nel match che apre la sfida) e Leconte, messi ko già dopo il doppio di sabato, a passare alla storia è il decisivo match dei quarti di finale che Stati Uniti e Svezia giocano sul veloce di St. Louis. John e Mats danno vita a un match spettacolare di 6 ore e 22 minuti vinto da Mac per 9-7 6-2 15-17 3-6 8-6. E' l'ultima sconfitta subita dalla Svezia prima della finale, fino alla disfatta di Cagliari del 1990 contro gli azzurri.
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