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Il sogno di Luca: "Il poster in camera? Non lo toglierò"

La notte di Luca Nardi a Indian Wells, con un ottavo di finale che lo attende, di fronte a Tommy Paul. Ma soprattutto con la vittoria della vita. Di Nardi, nel movimento tricolore, si sente parlare da un decennio, più o meno. Perché a livello giovanile è sempre stato fra i migliori. Ora è giunto il momento dell'esplosione?

di | 12 marzo 2024

“Il poster in camera? Certo, ce l'ho ancora e non lo toglierò. Lo vedo ogni volta che vado a dormire”. A parlare è Luca Nardi e il campione raffigurato sul poster è Novak Djokovic, il numero 1 del mondo, il vincitore di 24 Slam. Che però, stavolta, di fronte al 20enne marchigiano ha recitato il ruolo da comprimario. Mentre la stampa mainstream si sta chiedendo chi è Luca Nardi, da dove viene questo nuovo (ennesimo) talento dell'infinito serbatoio tricolore, noi ci coccoliamo le parole e le immagini di un giocatore che sta vivendo il suo sogno e che da sempre stuzzica la fantasia degli appassionati più attenti. Quegli appassionati che non guardano solo ai risultati, ma pure alle emozioni sprigionate da un colpo.

Di Nardi, nel movimento tricolore, si sente parlare da un decennio, più o meno. Perché a livello giovanile è sempre stato fra i migliori. Del resto, con quel talento che si ritrova, non poteva essere altrimenti: troppa la facilità nei gesti, per non mettersi in mostra rispetto a coetanei meno dotati.

Nel 2017, il pesarese si prese il titolo del torneo Les Petits As, il 'Mondiale Under 14' di Tarbes, da sempre vetrina internazionale che scopre le carte del futuro. Però poi arrivarono anche momenti meno sereni, figli di quel periodo adolescenziale che per ogni essere umano rappresenta una delle tappe più complesse da gestire. Mentre Alcaraz e Rune, due che con lui condividevano età e percorso, scalavano il ranking, Nardi doveva attendere ancora, per arrivare in alto. Ma l'aspetto più importante della vicenda era aver ritrovato serenità, la convinzione di fare del tennis la propria vita.

“Non avrei mai immaginato di poterlo battere – ha spiegato l'azzurro alla stampa – ma fino a pochi giorni fa non avrei immaginato nemmeno di poterlo affrontare. È un miracolo, un sogno che si realizza. Se qualcuno me lo avesse detto la settimana scorsa, gli avrei dato del pazzo”. Invece pazzi siamo noi, pazzi di gioia per un ragazzo che è lontano dallo stereotipo del tennista moderno, in ogni senso: tecnico, caratteriale, nell'approccio ai problemi. Con Giorgio Galimberti in panchina (la collaborazione è iniziata da poco) i progressi si stanno facendo evidenti. “Prima del match – continua Nardi – ho detto a Giorgio che sarei stato contento di evitare di perdere 6-1 6-1. Ma nei primi game sono riuscito a rimanere agganciato e mi sentivo bene, dunque ho cominciato a pensare, perché no?”.

Già, perché non battere il numero 1 del mondo, diventando il giocatore di più bassa classifica a riuscire nell'impresa di superare Nole in uno Slam o in un Mille? “Cercavo di concentrarmi sul campo, sui punti, senza ascoltare il pubblico o quello che accadeva fuori. Ma, dopo la partita, il mio coach mi ha detto che tutti tifavano per me. Fa piacere, certo, anche perché non me lo aspettavo. È un momento che porterò dentro di me per tutta la vita”. Ora, al di là dei demeriti di Djokovic, che sono innegabili ma che qui non è il caso di approfondire, questa vittoria di Nardi rappresenta in un certo l'entrata in alta società, del 20enne pesarese, dopo un'attesa che è parsa lunga, ma che in realtà è stata adeguata alle ambizioni di un ragazzo che aveva bisogno di imparare a gestire il proprio talento.

“Guardo i match di Nole da 10 anni a questa parte. E forse l'unico vantaggio che avevo prima della partita era questo: lui probabilmente non mi aveva mai visto giocare (Djokovic invece lo conosceva, ndr). Alla fine ero teso, ovviamente. Avevo avuto qualche problema col servizio, dunque l'obiettivo nell'ultimo game era quello di mettere la prima, per evitare la tensione di un possibile doppio fallo”. Una gioia talmente inattesa, quella del successo sul numero 1, che Nardi non era nemmeno andato oltre: “Perché mi chiedete di Tommy Paul? Ah, devo giocare contro di lui? Grazie di avermelo detto, lo scopro ora. Non mi ero spinto così avanti nel guardare il draw... Mi piace come gioca Tommy, mi piace il suo stile: dovrò preparare bene l'incontro, sarà molto duro”. 

Un altro gioiello italiano che sboccia, seguendo il filone di una generazione di fenomeni: “Non so quale sia il segreto dei nostri successi, ma tutti ammiriamo Jannik, prendiamo ispirazione. Ho la fortuna di potermi allenare spesso con lui e cerco ogni volta di capire come lavora, perché è prima di tutto un professionista esemplare. Spero di poterlo raggiungere, magari non con gli stessi risultati, ma non si sa mai...”. Benedetto Nardi, benedetta Italia. Manteniamoci a lungo così: sfacciatamente belli ma con l'umiltà come vera arma per emergere laddove pareva impossibile, fino all'altroieri.

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