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Il colpo perfetto di Alcaraz che ha rilanciato la palla corta

Da quando Carlos ha fatto la sua apparizione nel circuito maggiore, la percentuale complessiva dei drop shot di diritto è cresciuta di 9,6 punti. Ma è proprio l'iberico ad avere le migliori percentuali di riuscita, costringendo i rivali a rincorse spesso impossibili

di | 23 agosto 2023

Non è soltanto il re del circuito e il vincitore dell'ultimo Wimbledon. Carlos Alcaraz è anche il nuovo esempio vivente di come il drop shot possa essere ancora un colpo estremamente attuale, malgrado i tempi che impongono un costante bombardamento da fondo campo. Anzi, proprio perché quasi tutti oggi colpiscono molto forte, spezzare il ritmo diventa ancora più importante per mescolare le carte e prendersi un vantaggio nello scambio. Il problema è saperlo fare. Se un tempo la smorzata era alla portata di più giocatori non era solo perché c'erano mani più educate nel circuito, ma pure perché c'era più tempo per preparare il colpo. Oggi uscire dallo scambio con questa soluzione è una questione di millisecondi, un qualcosa che nasce dall'istinto ma che poi trova il suo supporto nella tecnica e nel lavoro. 

Non è un caso che anche Jannik Sinner ci abbia lavorato molto, supportato da coach Simone Vagnozzi, che quando giocava aveva proprio nella palla corta un'arma con cui fare male. Se il 22enne azzurro sta costruendo passo dopo passo questa soluzione, Alcaraz la padroneggia già in maniera efficace, forte della sua crescita sul rosso e di un allenamento specifico portato avanti quando era ragazzino. La sensibilità lo aiuta di certo, ma la sensazione (supportata dai numeri che seguiranno) è che ormai Carlitos abbia automatizzato il movimento a tal punto da renderlo sicuro anche nei momenti di maggiore tensione. E se il drop shot viene giocato con la stessa scioltezza di un diritto o di un rovescio da fondo, allora vuol dire che le possibilità di fare il punto (a meno che di fronte ci sia Novak Djokovic) sono molto alte.

Statistiche alla mano, in media, i giocatori del circuito Atp tendono a chiudere lo scambio con una palla corta di diritto per 0,85 volte (sic) e con una palla corta di rovescio per 1,05 volte per match. Vincendo il 51,5 per cento dei punti nel primo caso e solo il 39,7 per cento nel secondo. Le cifre cambiano (e di parecchio) quando di mezzo c'è Alcaraz, che arriva a 2,83 e 1,34 drop di fine scambio per ogni match giocato, rispettivamente con il diritto e con il rovescio. Vincendo il 67,7 per cento e il 52,1 per cento dei punti. Su terra, inoltre, quel 2,83 col diritto sale ancora, arrivando a toccare la cifra di 3,81. La prima grande differenza che salta all'occhio è dunque la netta preferenza per il diritto, invece che per il rovescio. Un accorgimento intelligente, visto che è proprio sul lato destro che tutti – non solo lui – portano a casa i migliori risultati, a dispetto di una sensazione di maggiore difficoltà e minore naturalezza nel movimento.

La seconda differenza riguarda le percentuali, che in media portano lo spagnolo ad avere un 14 per cento in più di possibilità dei rivali di fare il punto con questo colpo: sembra poco, ma è tantissimo. Tanto più se pensiamo che una volta su sei, Carlos lo utilizza quando c'è di mezzo un break point o una palla per arrivare a break point: ebbene, in questi casi la percentuale di riuscita supera il 71 per cento. Come a dire che più il momento si fa delicato, maggiori sono le chance che Alcaraz faccia il punto con un drop shot. A leggerla scritta nero su bianco, una statistica che fa una certa impressione a chiunque abbia messo piede almeno una volta su un campo da tennis. 

Ma allora quali sono i segreti di questo colpo? Il primo lo dice lo stesso Carlos, supportato da coach Ferrero: “L'obiettivo è lasciare i miei avversari più distanti possibile dalla riga di fondo”. Ecco dunque che il drop dell'attuale numero 1 Atp è efficace non soltanto per il colpo in sé, ma pure perché spesso arriva dopo un martellamento che sfianca gli avversari e li allontana sempre di più, mettendo più strada tra loro e la palla corta successiva. In media, i rivali si trovano a 14,5 metri dalla rete prima di incassare il drop, ricevendo un colpo pesantissimo che viene scagliato a 134 chilometri orari. Significa che per arrivare a colpire la palla (prima ancora di capire come vincere il punto), considerato che il drop arriva quasi sempre nella metà opposta del campo, bisogna coprire quasi 11 metri in 2,1 secondi. Un'impresa degna di pochi sprinter. 

“Quando aveva 16 anni – raccontava tempo fa Juan Carlos Ferrero – durante un match ne stava giocando talmente tanti che a un certo punto gli dissi di smettere. Non volevo più vedere un solo altro drop shot in tutto il confronto. Mi fece segno di sì con la testa. Due scambi dopo ne giocò un altro, mi guardò, rise e mi disse che non sapeva in quale altro modo chiudere il punto”. Il coach dunque è stato colui che – come del resto per gli altri colpi – ha messo ordine anche su quest'arma letale di Carlitos, imponendogli un uso controllato a seconda delle caratteristiche degli avversari. Ma adesso è arrivato a un punto tale di sicurezza per cui si tratta di una specialità che i due non allenano nemmeno più in maniera specifica. Il dato più curioso di tutto questo discorso, tuttavia, non riguarda Alcaraz ma i colleghi del numero 1: da quando Carlos ha fatto la sua apparizione nel circuito maggiore, la percentuale complessiva dei drop shot di diritto è cresciuta di 9,6 punti. Significa che in molti provano a emularlo, in pochi ci riescono. Ma è un dato di fatto che l'arrivo del fenomeno di El Palmar abbia già rivoluzionato il gioco.

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