

Il ricco e viziato movimento dei transalpini delude da anni a livello più alto e chiede aiuto a Ivan Ljubicic. Ma ecco spuntare 4 giovani di personalità e qualità…
di Vincenzo Martucci | 24 ottobre 2023
La ricca Francia col suo Slam (il Roland Garros) e il suo Masters 1000 (Parigi Bercy) e un capitale finanziario immenso da cui attingere mangia polvere da un po’ almeno al vertice. I “Moschettieri” Monfils, Tsonga, Gasquet e Simon non hanno trovato validi eredi diretti. Lucas Pouille non ha resistito alla pressione delle aspettative, Ugo Humbert ha troppi alti e bassi, e non si poteva chiedere tanto di più ai vari Gregoire Barrere (29 anni, oggi numero 71 ATP), Arthur Rinderknech (28 anni, numero 82), Alexandre Muller (26 anni, 84), Benjamin Bonzi (27 anni, numero 87), Quentin Halys (26, numero 88), Hugo Gaston (23 anni, numero 92).
Hanno fatto una buona carriera nel bel gruppetto fra i 12 francesi fra i primi 100 della classifica. Ma nessuno di loro è una stella di prima grandezza, meglio guardare direttamente alla generazione successiva, ai 19enni Arthur Fils (38 del mondo) e Luca Van Assche (68), al 21enne Arthur Cazaux (126) e al 20enne Giovanni Perricard (194).
VECCHIA GUARDIA
Onore comunque al 35enne Adrian Mannarino che, grazie ai successi stagionali di Newport ed Astana, è ancora il primo “galletto” nella classifica mondiale, al numero 24. E onore all’ineffabile "LaMonf" che, a 37 anni, si confeziona almeno una finale l’anno dal 2005 e domenica a Stoccolma ha anche vinto il titolo ATP numero 12, segnando l’ennesima impresa nell’impresa del grande istrione, che a maggio dopo l’ennesimo infortunio era scivolato al 394 della classifica ed è già tornato all’89. Acuti significativi che s’affiancano alle 3 affermazioni Challenger in 4 finali del delizioso mancino Humbert. Che al Masters 1000 di Shanghai s’è esaltato contro Van de Zandshulp e Tsitsipas, risalendo al 28 del mondo.
SALVATORE
Alla grandeur dei francesi non bastano gli acuti, quantomeno in tornei di media dimensione. A parte il Roland Garros che non vincono dal 1983 con Yannick Noah, sono esclusi da troppo tempo dai quartieri alti, gli Slam e i top 10, e per sostenere il direttore tecnico, l’ex pro Nicolas Escude, hanno arruolato l’ex coach di Roger Federer, il già numero 2 del mondo Ivan Ljubicic. Che ha subito indicato i punti dolenti di un ambiente ricco ma viziato proprio nel comportamento, nella continuità di intenti e di allenamenti, nella gestione in generale di un tennista professionista.
Perché, da sempre, la Francia è prodiga di talenti di grandi qualità tennistiche, ma insieme imperfetti, senza fisico o testa. Talenti che al Roland Garros di maggio hanno lasciato ancora una volta i tifosi di casa a bocca asciutta: dopo due turni erano già tutti eliminati, sia gli uomini che le donne. Un’immagine negativa che il neo presidente della Federazione, l’ex pro Gilles Moretton, non può proprio accettare.
QUALITA’
Tutte le nuove star hanno lasciato un segno fra gli juniores, e tutte hanno grandi qualità e personalità. Il più avanti come risultati è Fils, neo finalista ad Anversa (battuto da Bublik) che ha cominciato l’anno da 251 del mondo e a maggio ha vinto il primo titolo ATP, a Lione. Seguito come un’ombra dal papà e dall’ex pro Sebastien Grosjean, ha grandi mezzi fisici e mentalità, deve lavorare molto su difesa e resistenza.
Così come i compagni di cordata, Van Assche, Cazaux e Perricard. Hanno in mano il futuro del tennis di Francia cui non basta aver rialzato la testa.
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