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3 buone ragioni per cui Ben Shelton è uomo da Slam

Un padre ex giocatore, un carisma da numero uno e una mano mancina baciata dagli dei del tennis. Questo è Ben Shelton, l’americano che dodici mesi dopo aver abbandonato gli studi all’Università punta dritto al suo primo Major in carriera

27 settembre 2023

È passato incredibilmente un solo anno dal giorno in cui il grande pubblico ha fatto la conoscenza dell’allora 19enne Ben Shelton in quel di Cincinnati. Quando, in tabellone grazie ad una wild card, sorprese un po’ tutti eliminando dal torneo l’allora n.5 del mondo Casper Ruud. Al tempo, il giovane nativo di Atlanta era ancora uno studente all’Università della Florida, allenato dal papà e indeciso se seguire il suo talento tennistico (e i soldi) nel circuito Atp o continuare gli studi.

Dodici mesi dopo, una leggenda come Rod Laver - undici Major vinti ma soprattutto due Grand Slam a referto - ha parlato del 20enne statunitense come  di “un futuro vincitore di Slam: ha un gran servizio e dei fondamentali mancini che fanno male”. Del resto, lui stesso è fermamente convinto di poter essere uno dei grandi protagonisti del circuito nei prossimi anni. Lo ha detto nel talk show “All on the Table”, parlando con gli amici Frances Tiafoe e Christopher Eubanks: “Ho piena fiducia in me stesso e credo di poter vincere i tornei dello Slam, di poter essere il numero uno al mondo”. Un proposito più che ambizioso per un ragazzo che è ancora alla ricerca del suo primo titolo Atp.

Oggi numero 20 del ranking, il figlio di Bryan pare abbastanza corazzato e pronto per spingersi molto in alto, ma già la strada percorsa fino ad oggi ha del sensazionale se si pensa che, solo poco più di due anni fa, Shelton non aveva una classifica Atp. Ha iniziato la stagione 2023 come numero 96 del mondo e solo quattro americani nella storia dell'Era Open - John McEnroe, Andy Roddick, Arthur Ashe e Andre Agassi - sono partiti da posizioni più basse per entrare nella top 20 in una sola stagione.

Grande sorpresa dei recenti Open degli Stati Uniti 2023, “The Mountain” (la montagna), come è soprannominato, ha battuto contro pronostico il connazionale Frances Tiafoe in un derby appassionante e infuocato, durato oltre tre ore. Un match che ha evidenziato anche il suo grande carisma. Proprio quell’incontro ha regalato a Ben la prima semifinale Slam in carriera (poi persa contro Novak Djokovic). Un risultato prestigioso ma non un caso isolato visto che il ragazzone (è alto un metro e 93 centimetri per 90 chili di peso) si era già spinto fino ai quarti di finale dell’Open d’Australia, quando si arrese a Tommy Paul.

Sfrontato e senza paura, Shelton gioca un tennis offensivo con l'incoscienza di cui solo i giovani sono capaci, incurante della posta in gioco. I suoi pesanti colpi mancini scagliati da fondocampo fanno malissimo, non ha timore di andare a rete a prendersi i punti importanti e serve come un predestinato (già 384 gli ace del 2023 per quello che Ben definisce “il mio colpo preferito”). E non sarà un caso se il suo libro del cuore è lo struggente “The Outsiders” di S.E. Hinton, portato al cinema da Francis Ford Coppola nel meraviglioso “I ragazzi della 56ª strada”, in cui il coraggio del protagonista gioca un ruolo fondamentale. “A volte devi spegnere il cervello, chiudere gli occhi e colpire e basta”, ha avuto modo di dire Ben dopo aver battuto a sorpresa Tiafoe nei quarti di finale dello Us Open.

Terzo statunitense di colore in semifinale a New York nell'era Open (Arthur Ashe e Frances Tiafoe gli altri), Ben è comprensibilmente l'orgoglio del padre-coach Bryan che, nel 1992, ha raggiunto il best ranking di numero 55 del mondo e ha lasciato il ruolo di coach della squadra della University of Florida lo scorso giugno per seguire il figlio. “Questa stagione per lui - ha raccontato il padre - è stata una grande occasione di apprendimento. Ha viaggiato per il mondo, ha visto posti nuovi e giocato su superfici che non aveva ancora conosciuto”.

Tra il quarto di finale all'Australian Open e la semifinale agli US Open ci sono stati lunghi mesi in cui Ben non ha mai vinto due partite di fila (unica eccezione la semifinale raggiunta al Challenger di Cagliari), mesi in cui ha giocato per la prima volta in Europa sulla terra rossa: “Mi stupisce la sua capacità di assorbire i colpi dopo le sconfitte e tornare ogni volta più forte, più deciso, più motivato. In questo tempo ha capito - ha continuato papà Shelton, vincitore dell’Atp di Newport nel 1991 e nel 1992 - che, per essere competitivo con i più forti, deve lavorare molto sulla risposta e che sulla terra rossa, ad esempio, serve essere più paziente e imparare a difendersi”.

Cresciuto in modo “normale” nonostante l’evidente talento, Ben - così come la sorella Emma, tennista a sua volta - ha potuto godersi un’infanzia rilassata, farsi degli amici, avere una buona istruzione, prima di pensare allo sport professionistico. Ha iniziato a giocare a tennis solo all'età di 10 anni e parla del padre come della sua più grande ispirazione. “Mi ha aiutato molto a sviluppare il mio gioco e a non preoccuparmi dei successi immediati, ma a lavorare a lungo termine”. 

Che sia proprio il 2024 l’anno buono per vederlo alzare un trofeo dello Slam? Se lo pensa uno come Rod Laver c’è da crederci. Lui, del resto, di mancini se ne intende.

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